Nino Castelnuovo: ricerca e speranza nel futuro

Nino Castelnuovo, oggi ipovedente, racconta la sua vita con il glaucoma, fatta di inciampi quotidiani e di speranze nella ricerca scientifica
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Vivere con il glaucoma è un’esperienza “infernale” anche per chi, a 78 anni, non perde la vivacità, la voglia di scherzare e di trasmettere la propria esperienza agli altri. Nino Castelnuovo ha recitato nei film di Luchino Visconti e Pietro Germi, di Nanni Loy e Sergio Corbucci, prima di diventare il Renzo Tramaglino nello sceneggiato Rai dei Promessi Sposi negli anni ’60. Di lui, però, ci si ricorda anche per quel famoso spot dell’Olio Cuore in cui saltava la staccionata, un’interpretazione che può essere tranquillamente inserita nella lista dei tormentoni che fanno da spartiacque tra diverse generazioni. Castelnuovo, oggi ipovedente, ha accettato volentieri di sposare la causa portata avanti per tutta questa settimana dall’Università Niccolò Cusano sulle pagine del Corriere dello Sport-Stadio attraverso il lavoro di Radio Cusano Campus (89.100 in fm e streaming dal sito www.radiocusanocampus.it) e di raccontare la sua vita con il glaucoma, fatta di inciampi quotidiani e di speranze nella ricerca scientifica. Oggi, è seguito dal Polo Nazionale per la Riabilitazione Visiva della IAPB Italia onlus, presso il Policlinico Gemelli di Roma, e ha grande fiducia nel futuro: «Noi attori – sottolinea – dobbiamo sempre dimostrare il meglio ed essere ottimisti, anche al di fuori del nostro lavoro e al di lù delle nostre interpretazioni».

Castelnuovo, com’è oggi la sua vita quotidiana con il glaucoma?

«Infernale, soprattutto quando si esce di casa. In una città come Roma, automobili e motociclette sono un pericolo mortale. Non sempre posso chiedere a mia moglie di accompagnarmi e, quindi, sono costretto ad adeguarmi: devo fare molta attenzione».

Nonostante questo, non perde la sua vivacità e la fiducia nella medicina.

«Ultimamente, noto che sta succedendo qualcosa di importante. Chi mi ha in cura mi ha parlato di nuove terapie, a cui mi sottoporrò a partire da settembre».

Come ci vede?

«Per l’occhio destro non c’è più a da fare, per il sinistro ho ancora qualche speranza. Sono costretto a muovermi con molta circospezione, anche in casa. Ultimamente, mi hanno proposto di usare un bastone per aiutarmi quando cammino. Ma preferisco aspettare…».

Come scoprì di avere il glaucoma?

«Un giorno, non avevo ancora 40 anni, iniziai ad aprire tutte le finestre perché mi sembrava che ci fosse del fumo in casa. Non era così: andai dall’oculista che, al termine di una visita accuratissima, mi diagnosticò il glaucoma. Una parola di cui non  conoscevo il significato, che porbabilmente non avevo mai sentito. Dallo choc, svenni».

La sua carriera ne ha risentito?

«Via via che passavano gli anni e che la vista diminuiva, lavorare con il glaucoma è diventato sempre più difficile. Ma l’ho fatto e continuo a farlo. Grazie alle terapie ho continuato a lavorare per il cinema e per la televisione».

Lei è stato anche uno sportivo. Che cosa pensa dell’iniziativa dell’Università Niccolò Cusano di associare lo sport alla ricerca scientifica per sensibilizzare su questa e altre patologie?

«Ho cominciato a dieci anni fare ginnastica artistica: alle Olimpiadi di Roma del ’60, feci un’esibizione con la mia società, la Ghislanzoni di Lecco. Per chi pratica sport la ricerca scientifica è importantissima, quindi è importante farne una bandiera».

Ha fiducia nella ricerca?

«Nonostante la mia età, ho grandissime speranze. Chi ha il glaucoma deve mettersi in mano agli oculisti e provare tutte le strade».


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