Cinzia Leone e la sua vittoria contro l'aneurisma

L’attrice racconta la sua storia e sull’iniziativa che coniuga sport e ricerca dell’Università Niccolò Cusano sottolinea l’importanza della comunicazione: “La verità è che siamo tutti poco informati e ben vengano occasioni come questa”.
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«La vita non è un pacchetto regalo messo sul comodino. Bisogna saper affrontare le difficoltà usando il cervello». Cinzia Leone oggi è serena. L’incidente avuto qualche anno fa, quando è stata colpita da un’emorragia cerebrale causata dalla rottura di un aneurisma congenito, è ormai solo un brutto ricordo: «Inutile pensare che non succederà mai. Ogni giorno la vita ci riserva delle sfide. Il mio incidente mi ha aiutato a comprendere quanto è importante usare il cervello per vincerle». L’Università Niccolò Cusano è lieta di poter raccontare un’altra storia di grande speranza, attraverso la testimonianza di un’attrice, popolare al grande pubblico grazie al programma comico “La TV delle ragazze”, volto di film, fiction e teatro (fino al 22 marzo sarà in scena al Teatro Ghione di Roma con “Disorient Express”, «non è la storia di un treno – spiega lei stessa - che non sa dove andare, ma una fotografia di gruppo in cui ci siamo tutti e tutti abbiamo un’espressione visibilmente disorientata»), l’attrice romana sottolinea a Radio Cusano Campus (89.100 in Fm a Roma e nel Lazio, in streaming su www.radiocusanocampus.it) «l’importanza dell’attività fisica per recuperare» e la «necessità di investire sulla ricerca scientifica».

È in corso la Settimana Mondiale del Cervello, un’occasione per parlare al grande pubblico e per mostrare i progressi della ricerca neurologiche. L’Università Niccolò Cusano, su queste pagine, sta sensibilizzando l’opinione pubblica su questo tema: cosa ne pensa?

«Il nostro Paese dovrebbe investire di più in ricerca: potrebbe fare tantissimo. La verità è che siamo tutti poco informati e ben vengano occasioni come questa».

Nel 1991 è stata colpita da un’emorragia cerebrale e successivamente operata al Barrow Neurological Institute di Phoenix.

«Parlarne oggi è la vera vittoria. Mi è stato diagnosticato un aneurisma congenito della arteria basilare. La situazione era gravissima. Sono dovuta andare fino in Arizona, perché qui nessuno ha voluto “metterci le mani”. L’unico neurochirurgo nel mondo che non si è rifiutato di operarmi è stato il dottor Spetzler, un genio. Sono stata sottoposta a un difficilissimo intervento in circolazione extracorporea. Per fortuna, la lesione dell’arteria basilare non ha causato dei danni permanenti. Oggi la mia vita è tornata come prima. In questi anni ho usato il cervello: l’ho usato per riprendermi».

Quanto le è servito lo sport?

«Ho superato un’emiparesi. Il mio cervello, grazie al cielo, ha continuato a essere lucido e presente e mi ha permesso di affrontare nel migliore dei modi un periodo di grandissima sofferenza: un percorso duro che però mi ha fatto capire quanto, usando il cervello, possiamo ottenere da noi stessi. In questi anni, più che seguire lo sport ne ho fatto tanto. Ho dovuto sopportare e superare un disagio e il limite di non riuscire a fare le cose: con un braccio paralizzato, continuavo a farmi tirare una palla da tennis che per un anno è cascata per terra. Ovviamente. Poi, piano piano, ho iniziato a prenderne una, poi due: alla fine le prendevo tutte. Questo è usare il cervello: insistere e non cedere di fronte a un obiettivo. Trovare tutte le maniere possibili per cercare di raggiungerlo».

Qual è il suo messaggio oggi?

«Bisogna usare il cervello, sempre. Saper valutare le conseguenze delle azioni che compiamo, pensare e riflettere. Il cervello è la nostra app principale: ce l’abbiamo già, è l’app con cui veniamo al mondo e neppure dobbiamo scaricarla. Dobbiamo avere la capacità e la forza di capire perché soffriamo e trovare un modo per smettere di soffrire».

Ha mai incontrato nel corso della sua vita persone con problemi neurologici?

«Fino a quando non ho avuto l’incidente, non conoscevo da vicino molte malattie. In ospedale ho visto cose spaventose. Ora ho un occhio più attento su certi argomenti e cerco di informarmi sui passi avanti fatti dalla ricerca».


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