Yuri Chechi: «bandire la paura di cadere»

Così il campione olimpico allena i malati di Parkinson.
Yuri Chechi: «bandire la paura di cadere»© ANSA
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In occasione della VII Giornata nazionale della malattia di Parkinson del 28 novembre, il vincitore di quattro titoli europei, cinque titoli mondiali e medaglia d’oro alle Olimpiadi di Atlanta nel ’96, Jury Dimitri Chechi, lancia uno spot di cui è testimonial ufficiale. In pedana i suoi movimenti avevano la precisione degli ingranaggi di un orologio, ma per renderli perfetti ha anche imparato a non temere di cadere, una vera e propria sindrome per i parkinsoniani.

Il “Signore degli anelli” si racconta alla redazione di Radio Cusano Campus in occasione del secondo numero di “Unicusano Focus – Sport&Ricerca”, il settimanale di scienza, industria e sport a cura dell’Università Niccolò Cusano.

 

 

Come ti sei avvicinato al mondo del Parkinson?

«Un po’ per caso un po’ per lavoro. Da una parte ho dei conoscenti affetti da questa malattia, dall’altra con la mia agenzia di comunicazione ho avuto modo di collaborare con un’azienda che si occupa di un farmaco per il Parkinson. Sono scaturite un’occasione di lavoro comune e l’esperienza del Parkinson Lab 360°, un laboratorio studiato per migliorare la vita dei malati. Mi dà enorme soddisfazione vedere che la vita di queste persone può essere migliorata». 

 

Concretamente, che tipo di lavoro viene fatto insieme ai malati?

«Principalmente si tratta di attività motoria strategica, ad hoc per i vari stadi della malattia, che va accompagnata da un’alimentazione corretta. Si segue, insieme agli specialisti, un vero e proprio programma di allenamento personalizzato». 

 

Oltre ai miglioramenti fisici, come influisce lo sport sulla sfera motivazionale e il desiderio di mettersi alla prova? 

«Sempre per esperienza, posso dire che ho visto molti malati arrivare a questi confronti preoccupati, tristi e scoraggiati. Dopo una settimana già cominciavano a sorridere. I progressi fisici danno senz’altro un’inieizione di fiducia anche dal punto di vista del morale, sia per i malati sia per i loro caregiver. Per fare un esempio, c’era chi aveva imparato a sedersi e rialzarsi da solo. Un’operazione che per tutti noi appare scontata ma che per un malato di Parkinson può rappresentare una conquista. Con altri abbiamo fatto lavori tecnici di potenziamento muscolare. Ognuno di questi atleti – perché per me sono tali – ha avuto performance positive».

 

Il 28 novembre si celebra la VII Giornata nazionale della malattia di Parkinson, che ti vedrà in prima linea, quali sono gli obiettivi dell’iniziativa?

«Sensibilizzare sulla malattia, far capire a chi ha questo problema che può migliorare la propria qualità della vita e promuovere la prevenzione con l’attività fisica e un corretto stile di vita. Naturalmente, associati al fine di raccogliere fondi per la ricerca scientifica».

 

Umanamente, che impressione ti lascia il contatto con i malati di Parkinson?

«Nella mia carriera è capitato di dovermi riprendere dagli infortuni e so la fatica che si fa. Quando lavoro con queste persone penso ai sacrifici che devono fare quotidianamente. Sono loro i veri olimpionici, i veri campioni».

 

Parlando di salute e prevenzione, lo scandalo che è scoppiato in Russia ci dà l’occasione per fare un appello contro il doping non solo dal punto di vista etico ma anche della salute.

«Questo scandalo è una iattura per lo sport internazionale. Su questi temi la mia posizione è stata sempre molto ferma: tolleranza zero. Io dico sempre che è meglio una sconfitta pulita di una vittoria sporca, sia dal punto di vista etico sia dal punto di vista del benessere». 

 

 


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