Atletica - A Formia lezioni di salto in alto con Tamberi e Fuzz Ahmed

Il papà allenatore di Gianmarco: «Ma è difficile carpire segreti, anche ricorrendo alle birre...»
Atletica - A Formia lezioni di salto in alto con Tamberi e Fuzz Ahmed© ANSA
di Leandro De Sanctis
7 min
C’era una volta la Scuola di Atletica Leggera di Formia, per anni crocevia dell’atletica mondiale, come è stato ricordato anche pochi mesi fa in occasione dei 60 anni. Là dove ci sono le targhe intitolate a Pietro Mennea e alle medaglie costruite su quel campo, per una settimana si è rivissuta l’atmosfera particolare di un laboratorio dove ci si incontra, ci si allena e si parla di tematiche comuni, tra atleti e tecnici. A lezione di salto in alto, stavolta, con insegnanti e allievi riuniti a parlare di ciò che amano, disposti anche a scambiarsi i ruoli, parlando ed ascoltando. 
Ricca la presenza degli italiani: da Gianmarco Tamberi a Silvano Chesani, da Alessia Trost a Marco Fassinotti, a Stefano Sottile. La dimensione particolare e internazionale l’ha data la presenza di Fuzz Ahmed con la sua squadra di saltatori, Grabarz e Fassinotti in testa. Giornate di confronto, con Marco Tamberi allenatore del figlio fresco iridato indoor e primatista italiano, con Valeria Musso tecnico di Fassinotti. Un’occasione estesa ad altre specialità, colta al volo da Roberto Pericoli e Paolo Camossi, il triplista campione del mondo indoor 2001, che segue giovani talenti.
«Non è una novità - spiega Marco Tamberi - in Italia facciamo regolarmente incontri del genere, tavole rotonde in cui discutiamo varie cose. Stavolta c’era anche Fuzz Ahmed, per i ragazzi è stata una bella cosa. Si è iniziato con un allenamento di Gianmarco, poi i ragazzi di Fuzz. Si sono analizzati i salti, sottolineate le peculiarità che vedevamo»
Tipo? 
«Le più svariate. Diciamo, sintetizzando che ci sono differenze sostanziali tra il mio modo di allenare e quello di Fuzz Ahmed. La differenza più accentuata è che lui utililizza molto l’analitico come approccio di acquisizione di nuovi schemi motori. Noi invece abbiamo un approccio globale, all’interno del gesto si pone l’accento su alcuni particolari. Tutto il resto diverso, all’opposto»
Ma davvero si arriva a condividere tutto quando ci si incontra?
«Beh, nessuno entra nel dettaglio profondo - spiega Marco Tamberi - Si parla più che altro di filosofia dell’allenamento. Ognuno ha un bagaglio culturale personale». E racconta con umorismo un aneddoto divertente relativo al periodo in cui Bondarenko andò ad allenarsi a Formia.
«Degli allenatori venni solo io. Marcai stretto il papà per una settimana, ma dopo decine di birre, lui non aveva detto nulla e io ero uscito ubriaco. Se il mare è profondo dieci metri, lui ti parla con tanta cortsia dei primi dieci centimetri. Ma è normale che sia così». 
Ma allora non si impara nulla?
«E’ tutta gente che ha studiato, noi italiani siamo più generosi ma non è che non diciamo nulla. Si tratta di capire, approfondire. Poi ognuno ha la propria linea e bisogna avere una strategia di allenamento lunga: il rischio è che allenatori giovani vadano solo a copiare, ma ciò che va bene per un atleta non va bene per un altro. Se servono, certe cose le trasferiamo. Bisogna avere un’idea precisa di dove si sta andando e servono anni. L’idea tecnica condiziona anche la parte fisica. Comunque per gli atleti che si allenano insieme sono occasioni molto belle»
Papà Tamberi ricorda l’ostracismo di cui per anni è stato vittima.
«Altro che scuola italiana di salto in alto. Io ero l’eretico. Per anni sono stato contestato e contrastato. Per anni i responsabili del settore avevano tracciato una linea, che anche io da atleta avevo seguito. Ma oggi se l’Italia rappresenta l’eccellenza è per Gianmarco e Fassinotti, che hanno seguito strade diverse. Mio figlio da sei anni si allena senza toccare un peso. Io ho un’azienda (la casa editrice Profilo che opera nel settore delle riviste rivolte al femminile, ndr) che mi porta ad analizzare i problemi, mi ha dato un certo tipo di struttura mentale, non faccio tutto io. Il 2,38 di Gianmarco è stato il risultato del campo ma c’è stato tanto studio. Andavo dal titolare della cattedra di biomeccanica di Ancona, si cercava di analizzare, di migliorare, avendo intuizioni o anche copiando gli altri.   
Quale saltatore è più vicino a voi?
«Bondarenko, per modalità di allenamento, da lui ho copiato abbastanza la parte tecnica, nell’analizzare il suo salto ho scoperto cose nuove, che avevo già intuito ma che siamo riusciti a perfezionare. Alcune cose non le avevamo capite, prima saltava in modo diverso»
Quanto conta l’aspetto psicologico?
«Molto. Anche la componente psicologica va curata. Gianmarco ha un mental coach con cui mi relaziono anche io, in momenti diversi. E’ indispensabile riuscire a trovare la strada che possa essere di aiuto»
Come si arriva all’Olimpiade senza disperdere energie nervose?
«Quello che noi dobbiamo costruire da qui all’Olimpiade è il suo bagaglio di sicurezza. Non solo con gare fatte bene ma anche imparando a superare le difficoltà, come successe a Trinec ad esempio». 
Dopo un inverno trionfale, Tamberi ha programmato l’avvio di stagione all’aperto.
«Sì, esordio il 22 maggio a Rabat, il 2 giugno Golden Gala a Roma, il 5  giugno a Birmingham. Magari salterà meno che a luglio ma sono test importanti. Poi stop per un mese, fino agli Europei di Amsterdam»

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