Serapiglia: «Così trasformerò l'Endas»

Il presidente dell'ente di promozione sportiva più antico d'Italia conferma il suo programma
Serapiglia: «Così trasformerò l'Endas»
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Paolo Serapiglia, 59 anni, originario di Terracina, V dan di taekwondo, è dal 23 settembre 2017 presidente dell’Endas, l’ente di promozione sportiva più antico d’Italia, che quest’anno festeggia i 70 anni di attività…

Parliamo davvero di un patrimonio storico del nostro paese: il suo progenitore fu il Movimento di Azione Sociale, fondato a Bologna nel 1946 con l’obiettivo di differenziarsi dalle tradizionali organizzazioni sindacali, mettendo in campo iniziative che oltre a essere rivolte al miglioramento delle condizioni salariali dei lavoratori, si preoccupassero anche della qualità della loro vita. Proprio partendo da questo presupposto il 23 novembre 1949 Giovanni Pasqualini, insieme agli altri delegati, decise di trasformare la precedente organizzazione in ENDAS (Ente Nazionale Democratico di Azione Sociale) per “formare, istruire, promuovere l’elevazione morale e materiale dei lavoratori attraverso attivita’ di carattere sociale, culturale, educativo, assistenziale, sportivo e ricreativo”…

Lei è diventato Presidente da meno di un paio d’anni. In quali condizioni ha trovato l’Ente e quali obiettivi si prefigge per il suo mandato?

Dopo aver realizzato cose molto importanti per decenni, nell’ultimo periodo l’Endas aveva subito una parziale battuta d’arresto, soprattutto nella capacità di comunicare le sue attività. Il mio obiettivo, dunque, è rivitalizzare l’Ente, direi addirittura rifondarlo. Per questo ho voluto subito una nuova veste grafica per i diplomi rilasciati e un nuovo logo che, pur conservando il disegno originario, ora è cinto dal tricolore, a richiamare lo spirito di unità e coesione che deve animarci. Infine tre parole: affidabilità, trasparenza, solidità. I tre valori fondanti dell’ente che saranno la bussola del mio mandato.

Quali sono i settori in cui l’Endas è più forte?

Senza dubbio il nostro dipartimento sicurezza, affidato al maestro Vito Lettieri, è un’eccellenza: realizziamo corsi di addestramento con le armi e corpo a corpo di alto profilo, destinati agli operatori della Polizia di Stato e dell’Arma dei Carabinieri. Ma i nostri fiori all’occhiello sono diversi: dai motori all’equitazione, dal nuoto alla danza o al nostro rinnovato dipartimento ambiente e servizio civile, senza contare le attivita’ volte alla formazione delle guardie zoofile o a favore dei disabili.

E le arti marziali da cui lei proviene?

Forse sono state un settore un po’ ‘a macchia di leopardo’ fino ad oggi, ma intendo trasformarlo in una corazzata. Voglio che l’Endas diventi ‘la casa delle arti marziali’. Nel pugilato, per esempio, la nomina a responsabile nazionale del leggendario Nino La Rocca potrà dare grandi risultati.

Quali sono i principali progetti che avete messo in campo per il rilancio dell’Ente?

Stiamo puntando molto sull’innovazione, che se ben indirizzata può produrre effetti positivi in termini di trasparenza: a queste esigenze risponde la nostra nuova piattaforma informatica. Più in generale bisogna dare alle associazioni sportive poche regole, ma certe, senza rigidità burocratiche: chi è piccolo e meritevole non deve essere estromesso dal circuito sportivo ma aiutato concretamente.

Da parte vostra c’è grande attenzione alle giovani generazioni. Quale ruolo svolge lo sport sotto il profilo educativo e formativo?

Essenziale. Anche per quanto concerne lo sviluppo dello senso di appartenenza alla propria comunità e della coscienza civica. Per questa ragione abbiamo puntato molto sul servizio civile, per offrire un’opportunità in più ai ragazzi di vivere lo sport anche da una prospettiva organizzativa, oltre che agonistica.

Secondo lei il sistema di promozione sportiva coordinato dal Coni va riformato?
La sopravvivenza degli enti dipende oramai dal rapporto con il Coni e, non essendoci in Italia un ministero dello sport, negli anni gli enti di promozione sono stati sottoposti a regole sempre più rigide, ad esempio per quanto riguarda la certificazione delle spese sostenute. E questo è stato un bene, ha posto un argine agli sprechi e alla mala gestione. Eppure i dati ci dicono che su 100 società sportive, solo 35/40 sono federali, mentre le altre sono espressione proprio degli enti, la cui mission è proprio quella di avvicinare i cittadini allo sport. Mi piace sottolineare che in molte periferie metropolitane, a Sud come a Nord, è facilmente dimostrabile come l’unica società sportiva attiva sia quella di un ente e non di una federazione Insomma, una più stretta collaborazione potrebbe essere la chiave del successo per lo sport italiano.


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