Atletica - Pertile: Roma, la mia maratona del cuore

Domani torna a correrla undici anni dopo la sua vittoria: «Quel giorno mi ha lanciato, mi fece capire che potevo fare qualcosa di buono. A 40 anni ho trovato nuovi stimoli allenandomi con Meucci. Correre mi fa sentire bene»
Leandro De Sanctis
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ROMA - Sono passati undici anni ma Ruggero Pertile non ha dimenticato quella domenica del 2004: corse in 2h10’12 e vinse la Maratona di Roma. 
«Certo che me la ricordo bene. Quella giornata mi è rimasta dentro, mi ha lanciato come maratoneta, mi ha fatto capire che quella poteva essere la mia strada, che avrei potuto fare qualcosa di buono»
Ma è vero che correre a Roma ha un significato particolare?
«Roma è la Capitale, è una maratona molto bella, ci si annoia di meno, i chilometri passano più in fretta correndo in quello scenario. Le grandi maratone, e Roma lo è, hanno un fascino particolare»
Il 40enne maratoneta padovano di Camposampiero, domenica starà molto attento a non farsi tradire dal ritmo elevato che le lepri imporranno inizialmente con l’obiettivo di passare a metà gara in 63 minuti.
«Sto bene, ho lavorato in due periodi in Kenya, ma non farò un passaggio azzardato. Cercherò di tenere il mio ritmo, per transitare alla mezza maratona intorno ai 65 minuti, puntando a chiudere in 2h11’»
Alla sua età ha imparato a non pensare troppo a lungo termine, anche se il sogno di partecipare all’Olimpiade di Rio 2016 è un propellente efficace. La Fidal ha adottato criteri di qualificazione che possano consentire a marciatori e maratoneti di programmasi.
«Negli ultimi periodi non ho avuto problemi, forse perchè ero rimasto solo io... Ora giustamente bisognerà lasciare spazio. Mi piacerebbe tanto arrivare alle Olimpiadi, aiutare questi giovani. Corro a Roma poi se tutto va bene i Mondiali di Pechino, quindi eventualmente si vedrà. Non sono piu un ragazzino, se ci sono le condizioni è meglio. Certamente allenarmi con un giovane in piena crescita come Meucci dà grandi stimoli, penso sia a me che a lui». 
Dopo i periodi d’oro della maratona azzurra, non c’è stata più abbondanza...
«Ora si sta muovendo qualcosa. Ma è diventata anche un’altra maratona. E’ una specialità diventata più dira e difficile da quando i talenti africani hanno capito che è attività remunerativa, che dà sbocchi economici per uscire da un ambiente di fame. Ci sono fiumi di ragazzi che vogliono correre e dai tecnici anche italiani hanno imparato la tecnica, si alimentano meglio». 
Hanno scoperto anche la via del doping...
«E’ una piaga. Evidentemente ha preso piede. Sanno come fare ma devono stare attenti. Il professor Rosa ha comprato una macchina per testare gli atleti che segue. Sarebbe un danno d’immagine per cui cerca di controllare. Io la tentazione di doparmi non l’ho mai avuta: ho fatto lo sport perchè è la mia passione e ho sempre cercato di dare il massimo con le mie forze. Dietro queste persone c’è chi spinge, un businness, non penso ci sia solo l’atleta»
E’ più semplice correre stando nel gruppo che tira o procedere col proprio passo?
«Se puoi correre con qualcuno è meglio, avere un riferimento davanti è importante. Puoi avere lo stimolo di andare a prendere qualcuno e può aiutare. Correre in gruppo è più facile ma ci sono i pro e i contro. Se il ritmo è esagerato più regolare sei e meglio è»
Giorgio Calcaterra domenica proverà a correrla due volte, che ne pensa?
«Beh, lui deve prepararsi per fare la 100 km, non cerca la prestazione. E’ una bella cosa»
A lei sono sempre piaciute le lunghe distanze?
«Sì, ero portato, fin da bambino. Quando correvo più a lungo mi sentivo meglio, non avevo cambio di ritmo. Cominciai a 8 anni, feci tutte le specialità, poi cross e pista. Quando corro mi sento bene. Negli ultimi tempi a volte mi pesa. Ma lavorare è più difficile, non cambierei la corsa con niente» 
L’ultimo pensiero è per i 42 maratoneti sempre presenti a Roma.
«I senatori! Sicuramente anche loro hanno questa passione sono molto bravi, lavorano, corrono ed è uno stimolo per star bene. Dimostrano che la maratona può essere alla portata di tutti»

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