Nuoto, Magnini: «La mia lotta al doping si fa più dura»

«Con me un pool di specialisti. Qualcuno imbroglia ancora...»
Nuoto, Magnini e Pellegrini testimonial per uno spot
Paolo de Laurentiis
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ROMA - Se c'è una cosa che ti insegna l'esperienza è apprezzare quello che hai nel momento in cui lo hai. Filippo Magnini sembra aver raggiunto questa piccolagrande dimensione e galleggia - nel vero senso della parola - nel nuovo mondo delle piscine, governando la popolarità crescente di tutto il movimento e, cosa più importante soprattutto per lui, ancora parecchi avversari. Ci sguazza così bene che a 33 anni abbondanti non è neanche detto che questa sia la sua ultima stagione. Tra un impegno istituzionale e quello con gli sponsor (come la Head & Shoulders solo due giorni fa), il nuoto resta il punto di riferimento di un atleta dalla carriera lunghissima (due titoli mondiali consecutivi dei 100 sl) e non ancora finita. Correnti di pensiero dicono che se annunci il ritiro per l'anno successivo, nella testa in realtà hai già smesso e l'ultima stagione diventa un calvario. La prospettiva di Magnini è diversa. «Fisicamente mi sento bene, allenarmi mi piace e i risultati mi danno ancora ragione. Deciderò con calma».

Mai come ora il tema del doping è di attualità. Oggi parte dall'atletica ma nessuno è al riparo dalle truffe.

«Io ho la certezza di aver gareggiato contro atleti dopati. A volte li ho battuti altre hanno vinto loro e qualcosa mi hanno tolto, a me come a tutti gli altri atleti puliti: perché la realtà è che ai controlli beccano sempre quelli che vincono... Non ci vuole molto per rendersi conto che qualcuno sta imbrogliando: gente che sparisce e poi ricompare all'improvviso facendo grandi risultati, oppure li vedi alle Olimpiadi nei 1.500 e al Mondiale successivo nei 100 e 200 stile libero. Io nella mia vita non andrò mai forte nei 1.500 così come Paltrinieri non andrà mai forte nei 100».

La lotta al doping è una di quelle cose che potrebbe impegnare Magnini anche a carriera finita.

«I'm doping free è uno dei miei progetti: all'inizio era solo un messaggio, fatto con una maglietta, un tatuaggio durante le gare o un braccialetto. Ora sta diventando una cosa molto più evoluta, un format dove porterò la mia esperienza di atleta assieme a professionisti del settore: un dottore - l'oncologo Porcellini - che segue la mia integrazione e spiegherà cosa si può e non si può prendere e le conseguenze, poi Marco Bianchi per l'alimentazione e Matteo (Giunta, ndr) per la preparazione in acqua e fuori. L'idea è far capire ai più giovani come si lavora per ottenere una grande prestazione seguendo le regole».

Il presente è fatto ancora di gare.

«L'importante è fissare bene gli obiettivi. A 33 anni non posso dire di voler andare a vincere le Olimpiadi ma se fino a qualche mese fa potevo ragionare solo sulla staffetta, dopo il mondiale di Kazan l'idea di fare bene anche la gara individuale c'è. Se poi parliamo di speranza di medaglia, è normale che l'idea sia quella della 4x100 stile libero ma attenzione: a Kazan si sono allineati i pianeti con Usa e Australia fuori dalla finale. A Rio difficilmente succederà di nuovo, ci sarà da lottare».

Staffetta e gara individuale. Secondo alle selezioni dell'aprile scorso nei 100 stile libero, a Kazan le è stato preferito Dotto. Per Magnini solo la 4x100, poi finita sul podio proprio grazie a lei.

«Ero arrabbiato. Molto, molto arrabbiato».

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