Rugby, lo sfogo di Parisse: "Non siamo mercenari"

Malgrado sia stato ormai raggiunto l'accordo azzurri-FIR, il capitano attacca la Federazione e difende i compagni
Rugby, lo sfogo di Parisse: "Non siamo mercenari"
Francesco Volpe
7 min

Una dichiarazione d’amore all’Italia - lui è nato a La Plata, Argentina, da papà aquilano e mamma calabrese e si è sempre sentito profondamente italiano - una strenua difesa dei suoi compagni di Nazionale e un duro attacco alla Federazione. Il tutto affidato ad una lettera aperta su Facebook. Da un uomo come Sergio Parisse ci saremmo aspettati la dichiarazione e la difesa ma non l’attacco. In un momento tanto delicato nei rapporti tra azzurri e FIR, infatti, un po’ più di diplomazia non avrebbe guastato. Giusto che Parisse sottolinei che “non siamo mercenari”, sbagliato che decida di lavare i “panni sporchi” in pubblico proprio nel momento in cui gli stessi sono stati riportati in lavanderia. Nel dettaglio, su un solo punto ci permettiamo di bacchettare il capitano azzurro perché ci sentiamo in parte tirati in causa: quando dice che “dal 2000 al 2013 […] la popolarità del nostro sport è andata crescendo grazie all'entusiasmo che la Nazionale ha saputo generare verso i nostri tifosi, procurando così maggiori entrate alla FIR, attraverso sponsor e stadi pieni”. Beh, un po’ di quell’entusiasmo crediamo appartenga anche chi (giornali, televisioni, esperti di comunicazione e di marketing) ha saputo alimentare il “fenomeno rugby” ben oltre i risultati che una Nazionale di combattenti ha ottenuto con le sue generose prestazioni. Qui di seguito riportiamo il testo integrale della lettera aperta del capitano azzurro.

“Il rugby per ogni giocatore non è solo uno sport ma una passione, uno stile di vita che lo fa sentire per sempre membro di un club virtuale, un elemento di distinzione ed appartenenza. Io in più ne ho fatto una ragione di vita e spero che anche in futuro possa con ruoli diversi rimanere in questo mondo duro ma leale. Ho vissuto anni entusiasmanti e difficili e sempre con grosso impegno ed onesta sono andato avanti. La mia scelta d’amore verso la Nazionale italiana l’ho fatta molti anni fa (a 17 anni) quando mi trovai a dover scegliere tra l’Italia e l’Argentina, Paese in cui ero nato e vivevo e che ancora oggi mi rimprovera questa mia scelta. Ho sempre con le prestazioni cercato di onorare lo sport che praticavo e la mia Nazionale e quando per due volte sono entrato nella shortlist dei cinque giocatori più forti al mondo accanto al mio nome c’è sempre stato scritto Italia. Proprio in questi giorni ho raggiunto, con i miei compagni dello Stade Francais, il mio traguardo più alto, vincendo per la seconda volta il prestigioso campionato Top 14 in Francia, e questa volta da capitano. Ho ricevuto il premio dal Presidente francese Hollande, che mi ha visto fare il giro d’onore con il nostro tricolore intorno al collo, motivo per me di grande orgoglio perché testimonianza della mia nazionalità. Ho ricevuto i complimenti da tanti esponenti del rugby mondiale e dai tanti nostri tifosi... esclusa la mia Federazione".

"All’indomani dei festeggiamenti mi sono trovato per l’ennesima volta a leggere le solite dichiarazioni diffamanti verso tutti noi giocatori, la solita polemica offensiva che si protrae già da diversi mesi nonostante la buona volontà dei giocatori di arrivare ad un accordo senza clamori esterni ed avendo per questo demandato a GIRA di gestire con la Federazione determinati punti, già in essere da anni, con la massima professionalità, discrezione e competenza, permettendo così ai giocatori di concentrarsi sugli impegni sportivi. Siamo stati fatti passare per mercenari irriconoscenti, raccontando solo e genericamente quello che interessava far conoscere, trascurando di dare la dimensione delle richieste economiche e omettendo le altre richieste ben più significative e oggetto principale della trattativa tra GIRA e la Federazione. La volontà della squadra è stata sempre quella di tutelare l’integrità del nostro movimento, lasciando in famiglia i cosiddetti “panni sporchi”. A questo punto è necessario lavarne un po’ pubblicamente, sottolineando come dal 2000 al 2013 i giocatori hanno percepito sempre le stesse remunerazioni, anche se la popolarità del nostro sport è andata crescendo grazie all’entusiasmo che la Nazionale ha saputo generare verso i nostri tifosi, procurando così maggiori entrate alla FIR (attraverso sponsor e stadi pieni e non a titolo gratuito!!!). Ciò nonostante, pochi sanno che noi giocatori abbiamo sempre dovuto provvedere a far fronte alle spese mediche necessarie a curare gli infortuni subiti in Nazionale e, quando anche queste spese vengono riconosciute legittime ed accettate, il rimborso avviene mesi e mesi dopo e raramente al 100%, dando per scontata l’autosufficienza economica dei giocatori. Il nostro sport ha livelli di pericolosità che ammette pochi confronti con altre discipline, anche le nostre amichevoli non sono tali! Negli anni tantissimi giocatori hanno subito infortuni gravi, come ad esempio i casi di Morisi (asportazione milza) e Canale (rottura piatto tibiale), che ha dovuto smettere anticipatamente la sua carriera. Ogni incidente di gioco può procurare grossi rischi per la carriera, il lavoro e soprattuto l’integrità fisica di un giocatore e non può essere liquidato semplicemente con lo slogan “questo è rugby”!"

"Ho atteso in silenzio un’evoluzione positiva delle trattative con la Federazione, per esprimere il mio pensiero non avendo voluto condizionare niente e nessuno, rispettando la scelta del gruppo, ma ritengo doveroso per il rispetto giusto e dovuto a tutti noi, che nessuno ha mai rifiutato il “Sistema meritocratico” così come avviene in altri sport, ma partendo da basi di decenza! Non si può chiedere di stare diversi mesi lontano da casa, sostenendo anche i costi per ricevere la visita di moglie e figli nelle poche occasioni in cui può avvenire, e non potendo noi usufruire di alcun rimborso (l’unico benefit a noi riconosciuto sono due biglietti a partita). Ci viene imputato il 15° posto del ranking mondiale facendo passare il messaggio che premi più consistenti porterebbero a sostanziali miglioramenti, quando invece il livello dell’Italia del rugby potrebbe migliorare qualora la Federazione si dotasse di tutti quegli strumenti, quali pianificazione e organizzazione (così come avviene in altri Paesi più accreditati), creando le condizioni ideali affinché il giocatore possa esprimersi al massimo delle proprie possibilità. Credo che per onestà di informazione la Federazione nella sua massima espressione, dovrebbe restituire dignità e serenità ai propri giocatori e ai numerosi tifosi che ci sostengono con la loro partecipazione ed entusiasmo (procurando anche importanti ritorni economici). Dico tutto ciò con la speranza di poter lasciare ai più giovani un qualcosa di concreto… Qualcuno può pensare che io pecchi di presunzione ed arroganza, ma la verità è che spero ci sia un qualcosa o qualcuno capace di far fare dietrofront, o di far ragionare chi sta penalizzando il nostro movimento, perché se nemmeno ci provassi mi sentirei altrettanto colpevole. Sperando infine che chi di dovere si adoperi affinché tutto ritorni nell’alveo della correttezza, rispetto e serietà.

Sergio Parisse”


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