"Per fortuna che non ho incontrato Lomu"

Viaggio nei segreti di O'Shea, nuovo c.t. azzurro: la passione per la famiglia e il vino, le lezioni di italiano, lo studio del nostro rugby. E un faccia a faccia mancato
"Per fortuna che non ho incontrato Lomu"© ANSA
di Francesco Volpe
4 min

INVIATO A MILANO

Conor O’Shea ha il senso dell’umorismo. Ricorda quando la “sua” Irlanda venne sconfitta dall’Italia di Georges Coste a Treviso, anno di grazia 1995. Non fu una vittoria qualsiasi: era la prima volta che gli azzurri battevano una grande dell’allora Cinque Nazioni. Rivela un retroscena inedito: “Nessuno ci aveva prenotato un pullman e dall’albergo allo stadio andammo in taxi” sorride. Domanda inevitabile: “Allora c’era anche lei quando in Coppa del Mondo, tre settimane dopo, lo sconosciuto Jonah Lomu devastò quasi da solo l’intera difesa irlandese?”. “No, mi ero fatto male. Per fortuna…”. Altro sorriso.
    Il nuovo c.t. azzurro è stato presentato stamane a Milano. Volti distesi, pacche sulle spalle, un clima rilassato e fiducioso in una meravigliosa giornata di sole. Si comincia sempre così, poi si comincia a lavorare e arrivano i problemi. Le sue parole e la nostra analisi potrete trovarla domani sul giornale, qui ci preme raccontare il tecnico e l’uomo O’Shea. Che abbina il rigore britannico al carattere più easy-going, per non dire latino degli irlandesi.

STUDIO E NOVITA’ - Da quando ha deciso di accettare l’Italia - primo approccio un anno e mezzo fa, campo pretendenti sbaragliato già prima dell’ultima Coppa del Mondo - si è messo a studiare. Il rugby italiano, prima di tutto. E la lingua tout-court, che ieri ha sfoggiato in un mix anglo-italiano rivedibile ma assolutamente encomiabile. Ha chiesto alla FIR una lista di 100 giocatori di interesse nazionale, l’ha integrata trascorrendo lunghe ore al video, studiando la Nazionale di Brunel, le franchigie (Treviso e Zebre), finanché le partite dei club di Eccellenza. E’ stato lui, ad esempio, a pilotare l’arrivo nel gruppo azzurro di Jacopo Sarto. Oggi ha dimostrato di conoscere il movimento meglio dell’ex c.t. Brunel, che pure ci ha lavorato per quattro anni.
    Ha subito preso contatto con i tecnici delle franchigie, l’anticamera della Nazionale. Per incontrare Kieran Crowley, già coach del Canada e neo allenatore del Treviso, è sceso in Italia in un giorno libero dal proprio impegno con gli Harlequins di Londra, con cui ha vinto una Premiership, una Coppa anglo-gallese e una Challenge Cup. Per conoscere meglio Gianluca Guidi, timoniere delle Zebre, lo ha convocato all’ultimo istante lunedì sera a Milano. “Sono arrivato verso le 22.30, abbiamo parlato di rugby fino all’una di notte” ha confidato il livornese. Per il primo raduno romano ha chiesto che la squadra stia in albergo: più tranquillo e riservato. All’Acquacetosa si andrà solo per gli allenamenti.

NON SOLO RUGBY - Nato a Limerick, Munster, ma cresciuto a Dublino, studente al Terenure College, O’Shea è il figlio di Jerome, stella del football gaelico (tre scudetti con il Kerry negli anni 50), misto di calcio e pallamano che fa impazzire i celti. Ha studiato legge, vanta un master in scienza dello sport, ha lavorato in una finanziaria, ha diretto le accademie federali inglesi, l’Istituto nazionale dello sport di Manchester e collaborato con il comitato olimpico britannico prima e dopo i Giochi di Londra. Occupandosi di ciclismo e di nuoto, non di rugby… Un professionista a 360 gradi.
    E’ molto legato alla famiglia. In questa “grande sfida” (parole sue) ha voluto accanto la moglie Alex e le figlie Isabella (9 anni) e Olivia (6), che ha iscritto ad una scuola internazionale di Verona. Vivranno a Sirmione, sul Garda. “Adoro la cultura e la mentalità italiana” dice. Ha una passione per il vino bianco, gli piace il pesce. Qui da noi gli verranno a nausea. Speriamo anche le vittorie.


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