Miceli racconta: «Rovesciato in un attimo»

Parla il velista salvato da un cargo in pieno Oceano al largo del Brasile: «Ho sentito un colpo e la barca si è rovesciata in pochi secondi. Sono stato fortunato ma l'amarezza è enorme. Era il mio giro del mondo...»
Paolo de Laurentiis
5 min

ROMA - «E’ stato un attimo: ho sentito un colpo, neanche fortissimo, poi la barca si è rovesciata e mi sono trovato a testa in giù. Credo che dopo si sia rotto un oblò, perché troppa acqua ha cominciato ad entrare malgrado i compartimenti stagni». Matteo Miceli racconta al telefono satellitare il suo naufragio a bordo di Eco40, nel momento in cui stava assaporando il ritorno a casa al termine del giro del mondo a vela affrontato in completa autonomia energetica e alimentare. Da Riva di Traiano a Riva di Traiano. E' tutt'ora a bordo del cargo che lo ha salvato e nei prossimi giorni arriverà in Basile. «Non riesco a dormire, mi fanno mangiare un sacco e non sono più abituato...»

Miceli torna a quei momenti, tanto difficili quanto inattesi, perché stava filando tutto liscio. 600 miglia al largo del Brasile, la linea dell'equatore attraversata da una manciata di ore, il rientro nell'emisfero nord, l'aria di casa. Poca onda, 20-25 nodi di vento, sole e acqua calda. Poca roba in confronto a quanto passato nelle settimane scorse a Capo Horn e dintorni.

«Il primo pensiero è stato per la Mora…» e lo dice con la voce rotta dall’emozione, come se parlasse di un amico. Invece è la gallina, una delle due che Miceli ha imbarcato per garantirsi uova e quindi proteine. L’altra, la Bionda, era morta nella prima parte della traversata, probabilmente a causa del freddo. In questi giorni invece faceva caldo, Miceli era di ottimo umore e da poco aveva inviato le foto della linea dell’equatore e quelle di un pesce appena pescato che gli avrebbe garantito altri 15 giorni di cibo. Il più sembrava fatto. «So di essere stato fortunato perché ho perso la chiglia di giorno, in condizioni meteorologiche buone e con una nave a una decina di miglia». Quel cargo che nel giro di tre ore lo ha recuperato e che nei prossimi giorni lo lascerà a Salvador de Bahia, in Brasile: «Sono stati bravissimi, la manovra di recupero è stata perfetta. Mi dispiace per la gallina. Subito dopo l’incidente l’ho spostata perché il pollaio aveva una presa d’aria esterna e sapevo che se l'avessi lasciata lì sarebbe annegata, Poi, quando ho capito che il messaggio di soccorso era stato inviato e ricevuto e che avevo una nave a poche miglia che stava facendo rotta verso di me, sono rientrato da un oblò tre volte per cercarla ma non l’ho più trovata…»

Cosa sei riuscito a portare con te?
«Poche cose: la sacca di sopravvivenza, i documenti, le carte di credito e niente di più. Non so se in Brasile mi aspetterà qualcuno dell’ambasciata. Poi penserò al ritorno in Italia»

E adesso?
«Ora proprio non ne ho idea e non ho la forza neanche di fare programmi. Mi vengono in mente mille cose ma nessun pensiero è positivo… Sono amareggiato, credo sia il termine giusto, perché il traguardo era lì e la situazione era tranqullia»

La barca che fine farà?
«E’ alla deriva, sarà difficile recuperarla». Meno difficile individuarla, visto che a bordo Miceli ha lasciato il tracker che traccia la rotta. Importante non solo per un eventuale recupero ma anche per permettere ad altre navi di evitare pericolose collisioni.

Cosa resta dopo un’emozione del genere?
«Ho fatto una grande esperienza che porterò sempre con me ma l’amarezza è enorme. Era il mio giro del mondo, finire in questo modo dopo cinque mesi in cui avevo affrontato e risolto mille problemi è davvero difficile da accettare. Sono dispiaciuto, molto, e come me lo staff che a terra mi ha seguito e accompagnato passo dopo passo».

LA MISSIONE - Miceli era partito a ottobre da Riva di Traiano. Cinque mesi di navigazione, 28.000 miglia senza scalo, vivendo con quello che offriva il mare e la terra. A bordo, oltre alle galline, c’era infatti un piccolo orto per insalatine e erbe aromatiche. La cosa, pur con qualche intoppo, stava funzionando e se l’obiettivo era (anche) dimostrare che si poteva vivere e navigare senza imbarcare combustibile e scorte alimentari e - soprattutto - senza inquinare, allora Miceli ha raggiunto il suo scopo: si può fare, basta volerlo. Il suo messaggio è arrivato. Altra cosa è l’orgoglio ferito di un personaggio innamorato del mare, semplice in tutte le sue cose, compresa la preparazione dell’impresa durata anni e costata più o meno 300mila euro: niente grossi sponsor, tutto molto artigianale e al tempo stesso professionale. Un’impresa finita su una zattera, di venerdì 13, quando la strada sembrava in discesa e la situazione sotto controllo. E quando, ironia della sorte, Miceli per la prima volta dalla partenza, aveva incrociato la rotta fatta all’andata.


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