La vita di Kobe

In un libro di Andrea Barocci si ripercorre l'inedita storia italiana di Kobe Bryant bambino: da noi ha appreso i fondamentali di quel basket che lo ha incoronato poi, negli Usa, star a livello mondiale.
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Una scrivania, qualche sedia, un paio di poster di tornei giovanili accanto a quello che celebra il trionfo in Coppa Korac della Sebastiani Rieti. E un bambino, il più piccolo della famiglia, nero come un albero, magro, che entra nella stanza, tremando dal freddo, e si mette a ballare la break dance accanto al termosifone spento.
    Già il prologo di «Un italiano di nome Kobe» (sport.doc, pagg. 226, 15 euro) dice tutta la differenza di questa avventura editoriale di Andrea Barocci, giornalista del Corriere dello Sport-Stadio. La differenza della storia di Kobe Bryant in sé, ma anche nello scrivere un libro di sport che non è la solita melassa italiana condita di aneddoti presi da internet con un flaccido copia e incolla. Questo è un racconto inedito, esatto, documentato (andatevi a vedere, in coda al libro, la collezione di foto esclusive di Kobe bambino), ricco di episodi sorprendenti, con una narrazione asciutta eppure avvolgente, i lampi descrittivi alla Norman Mailer o Don Winslow.
    Barocci racconta la storia vera del Kobe italiano, del suo passaggio, al seguito del padre, il grande Joe, da Rieti a Reggio Calabria, da Pistoia a Reggio Emilia, fino ai 13 anni. Kobe è il bambino con il pallone sempre in mano, quello che non la passa mai, si allena nel campetto vicino casa, ascolta le riunioni tecniche dei grandi, studia col padre i movimenti dei grandi della Nba, e assorbe dal microcosmo della provincia italiana tutto, cultura, curiosità, idioma, fino a supplicare il tecnico toscano con un irriverente «dai, fammi giohare, e fo canestro».
    Il lungo reportage è anche un affresco del basket italiano degli anni 80-90 che produrrà, tra gli altri, maestri come Ettore Messina, non a caso autore della prefazione. La fortuna di Kobe - oltre il privilegio di contare su un padre famoso - è di avere un padre che gli insegna a cercare soprattutto la felicità - cosa rara nelle nostre accademie - ma anche allenatori che insegnano con passione, lavorando sui fondamentali come - parole di Bryant - neanche in Usa. La gioia americana e la dedizione italiana, anima di questa storia esemplare per appassionati, genitori, allenatori e sognatori ostinati.


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