Cagliari, ecco una lista di cose da fare

Il campionato è concluso, deve iniziare subito il lavoro di ricostruzione. Il presidente Giulini ha il compito di non sbagliare più nessuna mossa su squadra, riorganizzazione tecnica e societaria, strutture
Cagliari, ecco una lista di cose da fare© LaPresse
Vincenzo Sardu
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Ora non si può usare più nessuno scudo, il campionato è finito nel modo peggiore possibile a causa di una serie di responsabilità chiare. Zeman, il mercato deficitario la scorsa estate, quello insufficiente di gennaio 2015, la chiamata di Zola e soprattutto la ri-chiamata del boemo. Tutti elementi che hanno appesantito il progetto sino ad affossarlo. Che l'organico fosse da serie B è un insulto alla verità, che la squadra spesso abbia pagato conti salati oltre i propri demeriti pure. Ma che ci fossero palesi insufficienze, alcune delle quali colpevolmente volute e tollerate sull'altare di verticali concezioni calcistiche (difesa indebolita, attacco senza arieti) strampalate, questo è il vero macigno che ha fatto colare a picco il Cagliari.

Come già spiegato, tutte le colpe convergono sulla figura di Tommaso Giulini. Perché il club è suo, perché lui dà gli input, perché i collaboratori che sbagliano li sceglie lui. A proposito. Ieri nella conferenza stampa - sulla quale mi soffermerò fra poco - ha ammesso di aver commesso un grave errore a dare ascolto ai suoi collaboratori che hanno raccomandato il ritorno di Zeman a marzo. Possiamo conoscere i nomi e i cognomi di questi illuminati? Nel merito non sposterebbe la titolarità della scelta da Giulini, ma è se non altro per capire se rientrano fra i professionisti che sono stati già salutati dal Cagliari, oppure se stanno ancora lì al loro posto. Come sosteneva un autorevole ancorché discusso politico, a pensar male si fa peccato ma spesso ci si piglia, e a certi consiglieri forse è preferibile rinunciare.

Cosa deve fare ora Giulini? Premessa: doveva agire agli antipodi dal clichè di un anno fa, invece ha scelto un direttore sportivo ignorando lo zero nella casella dei bersagli colpiti nel suo primo anno da presidente. Avrebbe dovuto far partire la riorganizzazione da un livello ancora più profondo, da un direttore generale (Perinetti, Lucchesi?) cui affidare il compito di rivoltare l'intera struttura e, poi, di scegliere un ds e insieme a questi un allenatore. Il mandato di Capozucca qual è? Agire in base alle proprie competenze e conoscenze o esiste uno spartito scritto dal presidente? Ovvio che nel secondo caso non ci sarebbe da stare allegri, visti i successi finora conseguiti.

Ieri, chiacchierando con i cronisti - anche i tifosi avrebbero dovuto sentire la voce live del patron, e viceversa - Giulini ha spiegato poco. Dice che ora può cercare un allenatore. Un po' in ritardo, in assoluto, ma anche nello specifico perché ds e allenatore una volta sotto contratto devono stilare un programma che poi si traduce nel lavoro di mercato e qui siamo non in alto mare, ma sul pelo dell'acqua delle Fosse delle Marianne. Fra un mese si va in ritiro, fosse sfuggito il dettaglio. Chi resta? Boh. Chi va via? Mistero. L'organico che Giulini ha garantito che non verrà rivoluzionato in realtà lo sarà giocoforza. Portieri: fra Brkic in prestito secco e gli altri due, almeno due terzi saranno nuovi. Difensori: che Diakitè rimanga sarebbe una novità rispetto a quanto spiegato più volte dal centrale, che Rossettini convocato in nazionale non riceva sirene dalla serie A è pura utopia, gli esterni hanno deluso tutti, per varie ragioni; almeno tre quarti del reparto dovranno cambiare. Centrocampisti: Ekdal partirà, Conti lo ha già fatto, Husbauer non si sa neanche dove sia, Dessena ha richieste dalla A. Attacco: il reparto più deludente ha in carica soltanto Sau, che pure non ha ancora detto di essere felicissimo di restare. Cop è un prestito, M'Poku servirebbero tanti soldi che il Cagliari non vuol spendere. Ancora sicuro che l'organico non subirà smantellamenti?

Giulini, che ancora si astiene dal rito di scusarsi vis a vis con i tifosi, ora ha davanti questi compiti: scegliere quanto prima un allenatore, fare un ragionamento a tre (lui, tecnico e ds) per definire l'organico, lavorare sul mercato. Parallelamente deve: ristrutturare la lista dei "consiglieri e collaboratori", avviare quel dannato progetto per il nuovo stadio, riallacciare i rapporti con le istituzioni o romperli definitivamente. Nel mezzo, ci sono anche altri compiti, accessori. Pensare di risalire con una squadra di talenti affamati farà aumentare la fame dei tifosi. Vada a leggersi gli organici del Cagliari edizione 1998 e 2004, capirà il motivo. Dovrà cercare di recuperare il rapporto con la gente. Se pensa che cinque vittorie in avvio di campionato, che nessuno gli garantisce per diritto soprannaturale e che quindi farebbe meglio a non contarci su, bastino per riportare la gente allo stadio, è lontano anni luce dalla realtà. La Sardegna è una regione piagata e piegata su se stessa. Il calcio ha ancor meno assi da giocare in una condizione simile, ma quei pochi da pescare nel mazzo sono collegati a una squadra fatta con intelligenza, non con la cinghia tirata, recuperando l'orgoglio anche identitario bastonato negli ultimi dodici mesi, rendendo l'evento singolo e quello stagionale (biglietti e abbonamenti) adeguati al contesto. Tradotto, prezzi stracciatissimi tutto l'anno pure per ricompensare, almeno parzialmente, la gente che ha pure pagato per vedere una cascata immane di sconfitte.

Non sono compiti da poco, presidente Giulini. Ma ricordi che i consigli dati gratis sono quelli che di solito hanno l'unico obiettivo di essere validi. Lei ha riconosciuto di aver spesso dato retta a quelli sbagliati: si rimbocchi le maniche, il percorso sarà difficile, aspro, pieno di insidie e con una critica che non le perdonerà nulla. Ma non si illuda che esistono altri sistemi per rimettere in piedi il Cagliari. Se vuol farlo lei, provveda.


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