Il Cagliari e Giulini fra l'incudine e il martello

Il mercato non è mai un territorio dove tutto va liscio secondo i programmi, quando ci sono. Ma è bene ricordare qualche piccolo appunto
Il Cagliari e Giulini fra l'incudine e il martello
Vincenzo Sardu
2 min
Tommaso Giulini si è lanciato nel secondo mercato estivo della sua fresca presidenza. Il primo, complice Zeman, lo ha cannato alla grande. Si suppone - e si spera - che l'esperienza sia stata di insegnamento. Ragionevolmente, anche se si può discutere il nome del professionista scelto, l'elezione di Stefano Capozucca a direttore sportivo rientra in questo criterio di far tesoro di quanto successo negli ultimi dodici mesi. Ovviamente non basta e il giovane presidente se ne sta accorgendo in queste ore con la difficoltà di ottenere il sì di un allenatore di un certo peso e prestigio. Giulini tenga presenti un paio di cose. La prima, che se non ottiene subito un sì convinto, è il caso di lasciar perdere. Cagliari non è una piazza come le altre e, citando Giorgio Perinetti, "Chi lavora per il Cagliari è fortunato". Se tale fortuna non viene immediatamente accolta e raccolta, allora non è neanche meritata, fosse pure Guardiola o Mourinho. Consideri pure, il presidente, che occorre restituire appeal al Cagliari affinché sia più facile per lui e per chi viene contattato, procedere al matrimonio professionale. Come si riguadagna l'appeal, dopo una retrocessione? Con i programmi, con le strutture, con le figure manageriali che dimostrano che da questa parte della barricata c'è qualità, ottime truppe ben equipaggiate, pronte a vincere la battaglia sportiva per riportare la squadra in A. Vero o no che qualche approccio finora non ha dato l'esito sperato, agisca di conseguenza facendo sua la filosofia di Perinetti: il Cagliari si afferra al volo, o non si afferra. E lavori per rendere più attraente la proposta da presentare ad altri tecnici. Se si crede che il Cagliari sia il simbolo di una specificità unica, ed esso stesso unicamente specifico, i canoni di lavoro devono essere adeguati. La dignità si recupera anche non facendosi dire troppe volte no. Bisogna sottrarsi alla logica perversa dell'incauto frequentatore dello spazio fra l'incudine di dover agire e il martello di chi non capisce o non raccoglie. Un sussulto di orgoglio e dignità che squadra e simbolo garantiscono, può dare una bella spinta anche al presidente.

© RIPRODUZIONE RISERVATA