Drone-mania, l'allenamento 2.0

In Serie A lo usano Sarri e Mancini, ma il primo è stato Delio Rossi...
Davide Palliggiano
2 min

ROMA – Non è nulla di speciale, ma è un tocco di originalità, un occhio in più su un campo di calcio, in particolare durante gli allenamenti, quando mancano le telecamere ipertecnologiche delle pay tv. Non vi aspettate analisi scientifiche, bombe al napalm, esami del sangue o del cuoio capelluto. Un drone, come quello che usano Sarri e Mancini, è semplicemente un robot, un velivolo radiocomandato. Di utile, però, c’è che può sostenere una videocamera che registra le immagini dall’alto, da una prospettiva diversa insomma. Come gran parte degli apparecchi del genere è soggetto a problemi tecnici, dovuti magari a interferenze sulle onde radio. Il primo ad usarlo, in Italia, è stato Delio Rossi nel 2013, quando allenava la Sampdoria.

Un “giocattolino” rispetto a quello che usano ora Napoli e Inter, che hanno potuto sfruttare due anni di progressi tecnologici. Ma a cosa serve un drone? Ad osservare dall’alto i movimenti della linea difensiva, a studiarli, a correggerli eventualmente. Non solo, a seguire il portatore di palla in fase offensiva, in particolar modo il regista.

A capire come si muove in campo colui che dovrà poi smistare il maggior numero di palloni durante una partita. L’Inter, per studiare le immagini, ha ingaggiato l’ex opinionista Rai Adriano Bacconi. Sarri le studia da sé, in compagnia del suo staff. Uno sguardo dall'alto, verso il futuro.

 


© RIPRODUZIONE RISERVATA