Albertini avverte: «Bisogna valorizzare il vivaio italiano» 

L’ex rossonero confida: «Oggi la società più organizzata è la Juventus»
Alessandra Vaccaro
4 min

ROMA - «Solo uno su un milione riesce a diventare calciatore professionista». Ne è convinto Demetrio Albertini, che ha presieduto l'incontro con i ragazzi del master de Il Sole 24 ore. All'incontro è intervenuto a sorpresa anche il portiere della Roma, Morgan De Sanctis. Meritocrazia nel calcio e gestione societaria, questi i temi che stanno più a cuore all’ex vicepresidente Figc. Lui che il calcio l'ha vissuto ai massimi livelli, ma si è seduto anche dietro la scrivania di Via Allegri, vorrebbe per l’Italia un calcio diverso: «Il problema sta sia a monte sia a valle. I problemi ci sono in serie A come in serie B e in serie C».

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MERITOCRAZIA - Di ritorno da esperienze all’estero, Albertini si è mostrato aperto a nuove idee anche piuttosto rivoluzionarie per il calcio italiano: «Compriamo i giocatori delle seconde squadre spagnole, senza valorizzare il vivaio delle primavere italiane. Soltanto l’1,3% dei ragazzi riesce ad emergere come professionista. Senza tener conto di tutti quei giocatori illusi dalle società fino ai 23-24 anni che si ritrovano sempre più spesso declassati sui campi dell’Eccellenza». Albertini ha cercato di riformarlo il calcio, ma non ha trovato una grande accoglienza, soprattutto per le idee più innovative e meritocratiche. «Ciò che servirebbe in Italia è un campionato effettivo, affiancato a uno di preparazione, la cosiddetta seconda squadra. Si comprende come sia impossibile concepire un’idea così rivoluzionaria in un calcio italiano sempre più individualistico, in cui far saltare una partita ad un titolare sarebbe la fine del mondo». Con un piede nel glorioso passato milanista e uno in quello più recente da vicepresidente della Federcalcio, Albertini non smette di sperare nel futuro e nella competitività tricolore: «I limiti del nostro sistema derivano anche da una cattiva gestione delle risorse da parte dei presidenti. Importanti per la squadra sono i premi, quelli collettivi però. I premi individuali rischiano di marcare ulteriormente la specificità del calcio». L’ex Milan confida: «Oggi la società più organizzata è la Juventus. Non sono importanti solo i soldi, ma anche la stabilità societaria».

ROMA - Proprio su quest’argomento è intervenuto Morgan De Sanctis, sempre più proiettato verso una carriera da manager. Il portiere della Roma, d’accordo sulla concezione calcistica rivoluzionaria di Albertini, si è soffermato sulla sua esperienza personale: «I premi per i giocatori sono ottimi incentivi. Per noi della Roma è stato difficile spiegare ad un presidente straniero l’importanza dei premi collettivi». «Non riuscirei mai a indossare le vesti da allenatore avendo vissuto in prima persona le dinamiche del campo e dello spogliatoio. Vorrei continuare nel mondo calcistico, magari come dirigente», ha concluso il portiere giallorosso: «Se un giorno diventassi dirigente, cercherei di motivare i giocatori. Un premio collettivo per zero gol subiti: compatta la squadra dalla difesa alle punte».


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