Gli arbitri viaggiano da soli

Il libro di Giulio Mola sarà presentato oggi nella sede del Coni di Milano
Gli arbitri viaggiano da soli© ANSA
Filippo Passantino
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ROMA - Gianni aveva 35 anni il 7 febbraio 1982 e un sogno nel cassetto: arbitrare nel calcio professionistico. Sogno spezzato da un episodio durante la partita tra Montespaccato e Velletri. I tifosi della squadra di casa entrarono in campo e lo picchiarono. Uno di loro gli tirò un calcio nel fegato e lui svenne. Il branco lo circondò e scoppiò la violenza più feroce: calci in faccia, il viso sfigurato. Poi, il coma dal quale si è ripreso e una placca al cervello. C., ex arbitro donna di 40 anni, non è stata mai picchiata, ma più volte si è trovata a piangere negli spogliatoi, a fine gara, per gli insulti subiti: “Sentire una bestemmia da parte di un allenatore – racconta - perché l’arbitro che sta arrivando è una donna, è davvero mortificante”.

Storie di fischietti aggrediti, coperti dagli insulti dei tifosi e dei calciatori oppure chiusi negli spogliatoi da dirigenti “scontenti” per la direzione della gara sono state raccolte dal giornalista Giulio Mola nel libro dal titolo “Gli arbitri viaggiano da soli”, edito da Sedizioni, che sarà presentato oggi, alle 17,30, nella sede del Coni di Milano. Racconti che hanno un comune denominatore: la passione è più forte delle violenze subite. Una passione forte, quella per l’arbitraggio che allevia la fatica delle trasferte o le difficoltà legate alle esigenze familiari o lavorative. Per i tanti protagonisti del libro conta solo essere in campo. Anche se i comunicati del giudice sportivo rivelano che spesso ci si trova di fronte a veri e propri bollettini di guerra: nella stagione 2013-2014 i casi di violenza erano stati 375, mentre nell’ultima, quella chiusa il 30 giugno 2015, quasi il doppio. “Tutto questo – spiega Mola - accade quando gli arbitri sono soli a gestire situazioni difficili. Indifesi, ma determinati a svolgere con passione la loro “missione” anche laddove non c’è traccia di cultura dello sport”.


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