Boniek: «In nazionale solo chi è polacco. Non faremo come Conte con Eder»

Il presidente della Federazione polacca, parla della sanzione Uefa tolta ai tifosi del Lech Poznan per cori razzisti: «La gente non vuole i profughi in Polonia e io sono d'accordo. Vanno aiutati a casa loro. La nostra nazionale? Solo per chi è nato in Polonia, non cerchiamo scorciatoie come voi, che avete tesserato Eder»
Boniek: «In nazionale solo chi è polacco. Non faremo come Conte con Eder»© Getty Images
Massimo Basile
4 min

POZNAN - Stasera all’Inea Stadium di Poznan, la Fiorentina si giocherà le chances di passare il turno in uno stadio pieno e ribollente: sono previsti quarantamila spettatori, quando in media alle partite di campionato vanno in sedicimila. L’Uefa ha tolto la squalifica di due anni inflitta per cori razzisti durante la partita con il Basilea, ultimo atto di atteggiamenti antisemiti, omofobi e contro i profughi che negli stadi polacchi dilagano da anni. Solo nel 2011 si sono contati 120 episodi di razzismo. Due anni fa i tifosi del Lech cantarono ai rivali del Widzew Lodz il coro «Ebrei, andatevene, la vostra casa è ad Auschwitz, vi mandiamo alla camera a gas», ma il giudice, in maniera sorprendente, disse che i canti non erano anti-semiti perché non c’erano in tribuna i classici ebrei con i boccoli, la barba e vestiti di nero. L’Uefa ha tolto la sanzione per premiare gli sforzi fatti dal Lech Poznan per affrontare il problema, seppure con scarsi risultati: in occasione della partita casalinga con il Belenenses, il Lech annunciò che un euro di ogni biglietto venduto sarebbe andato a sostegno dei profughi. I tifosi disertarono lo stadio.

Zibì Boniek, 59 anni, dal 2012 è presidente della federcalcio polacca. Raggiunto telefonicamente, commenta lo stato delle cose
«Prevedo una bella partita, equilibrata. Bello stadio, bellissimo campo e poi, finalmente, con tanti tifosi».

Ecco, l’Uefa che toglie la squalifica...
«La verità è che chiudono gli stadi in modo facile, basta che uno dica qualcosa e tutto viene squalificato».

I tifosi del Lech avevano intonato cori razzisti
«Mah, questo non lo so».

Sono gli stessi che hanno esposto uno striscione con scritto: "Per noi è chiaro e semplice, non vogliamo rifugiati in Polonia"
«È chiaro che questi messaggi non ci devono essere, ma se i polacchi la pensano così...».

Non è una presa di posizione forte, la sua
«Dico che dovremmo aiutarli nei loro Paesi».
 
Dove, però, hanno il problema della guerra
«Non è una cosa normale che arrivino. Si dice che sono profughi di guerra, però sanno come trasferirsi... è una cosa difficile. Vorrei aiutarli, ma la gioventù polacca è scettica. Se raccogli un milione di profughi vuol dire che ne accogli tre, non si risolve il problema. Si aiutano lì, a lasciarli a casa loro. Non facciamo dei tifosi polacchi dei razzisti...».

Forse è perché la Polonia è una terra che ha sofferto la guerra e le deportazioni e uno si aspetta più tolleranza. Ian Tomasewski, da parlamentare di estrema destra, ha parlato di "africani cannibali".
«Ma dove? Io non ho mai sentito niente del genere».

Su internet ci sono i suoi discorsi. Si è pure scagliato, in passato, contro i «cani tedeschi e colombiani» che giocavano nella nazionale polacca. Eppure Tomasewski è figlio di immigrati lituani
«Da noi c’è questa corrente... E’ vero che noi stiamo percorrendo questa strada di far giocare in nazionale solo quelli nati in Polonia, non vogliamo scorciatoie come fate voi che avete tesserato Eder, avete giocatori con due-tre passaporti. Il calcio qui è popolare e deve rispettare l’opinione della gente».

Appare chiaro
«Ma non parlate di razzisti, toglietevi dalla testa questa idea della Polonia, solo parlarne mi vergogno, è una questione politica, non sportiva».


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