I 70 anni di Sacchi: «Faccio pace con Allegri»

L'ex ct, che venerdì spegne 70 candeline, si racconta: «Il calcio mi ha regalato emozioni indescrivibili. L'addio? Non volevo essere il più ricco del cimitero. La polemica con Allegri? Lo stimo molto, con lui la Juve è sulla strada giusta. L'Italia agli Europei? Conte è un grandissimo, che Dio ce la mandi buona...»
I 70 anni di Sacchi: «Faccio pace con Allegri»
Tommaso Maggi
6 min
ROMA - La forza del cambiamento. Arrigo Sacchi, il 'Profeta di Fusignano', venerdì festeggia i 70 anni. Moltissimi, quasi tutti, spesi per il calcio. Un calcio innovativo e rivoluzionario. Sacchi ha segnato un'epoca e ha influenzato gli altri. Ha cambiato le regole del gioco. Con il suo Milan, si è aperta una nuova era del pallone. C'è un prima e un dopo. Lui è il crinale del cambiamento, e ha il merito di aver ribaltato il nostro calcio con la forza delle idee.
 
La sua è stata una carriera ricca di soddisfazioni. Lei ha dato tanto al calcio, il calcio cosa ha dato a lei?
«Io sarò per sempre riconoscente al calcio. Il calcio mi ha regalato emozioni indescrivibili, ho potuto trasformare una passione in un lavoro. La passione è la cosa che muove tutto, il protagonismo non deve far morire questo sport. Ho dato una vita per il calcio, per me è stata un'ossessione che mi ha dato grandi soddisfazioni».
 
La sua migliore intuizione?
«Non tocca a me riconoscerlo (ride, ndr). Sono gli altri a doverlo dire».
 
La prima volta che ha pensato di non voler allenare più?
«Già ai tempi di Rimini firmavo per un anno perché già ragionavo così. A Parma mi hanno offerto il contratto più ricco della mia carriera ma lì ho capito che non volevo essere il più ricco del cimitero. I soldi sono sempe stati l'ultima cosa per me. Dopo una vittoria non provai niente. Quello era il momento di smettere. Poco dopo andai dallo psicologo. Mi disse che non era sbagliato come vivevo dopo, era sbagliato come vivevo prima...».
 
Quali sono le differenze tra il Berlusconi che ha vissuto lei e quello attuale?
«Berlusconi è entrato nel mondo del pallone come una valanga in un piccolo stagno. Il suo impatto ha avviato il rinascimento del calcio. Le sue scelte erano fuori dalla logica dell'epoca. Come prendere me, che ero un signor nessuno. Arrivava prima degli altri in un paese dove la vittoria contava più di tutto. Lui invece ha imposto una filosofia diversa: vincere, convincere e divertire. Era avanti dieci anni».
 
E oggi?
«Oggi è diverso, non segue più la squadra come allora. C'è la politica che lo impegna ed è meno presente. C'è sempre un grande dirigente che è Adriano Galliani ma non sempre gli è permesso di esprimersi al meglio. Ma al Milan mi lega ancora un affetto profondo».
 
A volte avverte il disagio di non poter più insegnare calcio nel lavoro quotidiano sul campo?
«Mio padre mi ha insegnato il grande valore dell'onestà intellettuale. E non sarei onesto se dicessi che sono disposto a tornare in campo».
 
E l'ossessione dove è finita?
«Diciamo che non sono più disposto a vivere quell'ossessione. Ho altre esigenze come la famiglia, gli amici. Sono contento di aver allenato per tanti anni, ho dato la vita per il calcio. Ma ora è diverso: sarei disonesto, non potrei chiedere il massimo essendo il primo a non poterlo più dare».
 
Recentemente hanno fatto discutere le sue parole su Allegri? E' sempre convinto dei limiti europei della sua Juve?
«La Juventus non ha ancora vinto in Europa con Allegri ma io lo stimo molto. Con lui i bianconeri sono sulla strada giusta. Non c'è solo la vittoria, in Europa conta anche la prestazione, lo spettacolo, il gioco. Una vittoria senza merito non vale. La Juve è vicina alle eccellenze europee, in Italia è l'unica squadra che può ambire a certi traguardi. Nessuno può disconoscere il valore del lavoro di Allegri».
 
 
Un suo giudizio su Sarri: si aspettava che potesse fare così bene al primo anno in una grande?
«In Italia ci sono squadre molto brillanti e il Napoli di Sarri è una di queste. Io dico sempre che l’interprete e il gioco devono andare a braccetto. Sarri è un allenatore che sta facendo un grande lavoro».
 
Fra pochi giorni c'è il derby capitolino
«Spero soltanto che sia un derby "giocato" e non parlato. Deve vincere il più bravo e basta».
 
Dopo l'esonero di Garcia, come giudica il lavoro di Spalletti alla Roma?
«Spalletti è un grande. Il suo lavoro è straordinario, i giocatori lo seguono e questo è fondamentale. Con Garcia i calciatori avevano perso fiducia, stima, non lo so. Ora la Roma ha un'idea più internazionale. Ma c'è un pericolo...».
 
Prego
«Roma, è una città bella, troppo bella. Le distrazioni sono tante...».
 
E Pioli come sta lavorando alla Lazio?
«E' indubbiamente un'annata difficile sotto tanti punti di vista. La Lazio è una società seria che ha dimostrato competenza, anche a livello di gestione economica. E' solo una stagione negativa. Pioli è sicuramente un allenatore con grandi capacità ma può succedere a volte che i giocatori perdano la benzina...».
 
La Nazionale. Conte ha già annunciato il suo addio dopo Euro 2016. A chi affiderebbe la guida degli azzurri?
«Preferisco lasciare il compito a Tavecchio che con Conte ha dimostrato di saper scegliere molto bene».
 
Quale può essere il percorso dell'Italia ai prossimi Europei?
«Vincere in Francia sarebbe un'impresa e rappresenterebbe un sogno. Certo, da una parte abbiamo tutti i club italiani fuori dalle Coppe, pochi giocatori italiani nelle nostre squadre in Serie A, tranne la Juve. Dall'altra parte c'è Conte che è un grandissimo: ha passione, ossessione e talento. Che le devo dire: che Dio ce la mandi buona...».

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