Atalanta, gioielleria Zingonia: modello del calcio italiano

Luca Percassi: Scoprire campioni è nel nostro Dna. Gasp è straordinario: nessuno è un maestro dei giovani come lui
Kessiè, 6 gol© ANSA
Xavier Jacobelli
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ZINGONIA - La scritta all’ingresso è elegante, ben visibile, ricca di significato quando leggi i nomi di Achille e Cesare Bortolotti, padre, figlio e presidenti che appartengono alla storia dell’Atalanta. Nella quale è già prepotentemente entrato anche Antonio Percassi. I tifosi che incroci all’ingresso e, incuranti del gelo polare, pazientemente aspettano l’uscita dei giocatori, dicono: questi sono i migliori anni della nostra vita. E non soltanto per il sesto posto e il record dei 35 punti alla fine dell’andata, mai visto prima nei tornei a venti squadre. La questione è un’altra: si chiama senso d’identità, attaccamento alla maglia, valorizzazione dei talenti cresciuti in casa, proprio al tempo del calcio globalizzato, dei cinesi e dei russi, degli arabi e degli americani. Li chiamano i Figli di Zingonia perchè sono cresciuti qui, a metà strada fra Bergamo e Milano. Zingonia è un unicum nel panorama bergamasco, un paesone post-industriale sparpagliato fra i circostanti comuni di Verdellino, Verdello, Ciserano, Boltiere e Osio Sotto. Nei progetti di Renzo Zingone, l’industriale che la concepì negli Anni Sessanta, Zingonia sarebbe dovuta essere un modello di urbanizzazione capace di coniugare i capannoni industriali alla città-giardino: un’utopia rimasta tale. Il progetto prevedeva l’urbanizzazione su una superficie di 7.620.000 metri quadrati, di cui 2.312.000 per attività industriali, 2.722.000 per uso abitativo e 780.000 per il terziario. La popolazione doveva toccare quota cinquantamila. Oggi è dieci volte di meno rispetto alle previsioni e i problemi dei residenti sono variegati. Ma un’eccellenza sportiva c’è e ha i colori dell’Atalanta.

L’ORGOGLIO E IL LAVORO - Il centro sportivo è modernissimo: qui crescono i talenti che la Dea sforna a getto continuo. Luca Percassi è il giovane amministratore delegato: il papà è il presidente, i fratelli Stefano e Matteo siedono nel cda. L’orgoglio e il lavoro sono i denominatori comuni di una famiglia che dà lavoro a 8 mila dipendenti, in Italia e all’estero, ma preferisce essere piuttosto che apparire. Il tono di Luca è pacato, la soddisfazione celata dietro la cortina di chi non si aspettava il boom o, almeno, di siffatte proporzioni e lo vive «tenendo i piedi saldati per terra. Sottolineo saldati».

Da dove nasce la Generazione Atalanta? «Dalla storia atalantina di papà, giocatore e presidente; dalla sua passione e dalla passione della nostra gente; dal desiderio di investire nel settore giovanile. I risultati che stiamo ottenendo, la valorizzazione dei ragazzi, l’ondata di simpatia che ci lusinga, nascono da tutto questo: il miglior premio per chi lavora a Zingonia. Scoprire campioni è nel nostro Dna, avere avuto la fortuna di incrociare Gasperini ci ha permesso di imboccare una strada incredibile. Gasperini è straordinario: nessuno è un maestro dei giovani come lui. Le operazioni Gagliardini e Caldara rispondono a una logica precisa: reinvestiremo nel club tutto ciò che avremo ricavato, a cominciare dal potenziamento ulteriore del nostro centro sportivo e dal progetto stadio». Già, lo stadio, una questione che la politica locale di ogni colore si trascina da cinquant’anni, fra promesse e bidoni. Ora, sembra che l’asta per la cessione dell’impianto venga finalmente bandita. L’Atalanta ha pronto il progetto di ristrutturazione da due anni; ha già rammodernato la tribuna coperta con la spettacolare pitch view, spendendo quasi 4 milioni di euro. Al solito, la Casta arranca.

COSTANZI E FAVINI - Intanto, l’Atalanta lustra la Gioielleria Zingonia. Umberto Marino, il direttore generale, fa gli onori di casa con la consapevolezza di «vivere un’esperienza umana e professionale senza precedenti. Dietro una grande squadra, c’è sempre una grande società. Ci impegniamo ogni giorno per essere all’altezza della sfida». Lo sanno bene anche Elisa Persico, responsabile della comunicazione e Andrea Lazzaroni, capo dell’ufficio stampa: il fenomeno Atalanta ha moltiplicato l’interesse dei media, itaiani e stranieri. Maurizio Costanzi, è il custode della cassaforte a nome Vivaio, l’uomo che ha fatto grande la Primavera del Chievo portandola a vincere lo scudetto, prima di trasferirsi a Bergamo insieme con Giovanni Sartori, il deus ex machina del mercato, un altro signore che rifugge i riflettori e preferisce agire. Se Campedelli è stato il padre del fenomeno Chievo, Sartori ne ha fatto le veci. Costanzi comincia significativamente da Mino Favini, leggendario scopritore di talenti, per venticinque anni in azione a Zingonia. «A metà degli Anni Novanta, venni qui, per incontrarlo e capii molte cose, sviluppando un metodo di lavoro che si è rivelato vincente. Trenta osservatori, trenta segnalatori, almeno venti partite al mese seguite da ognuno dei nostri uomini, un data base in cui abbiamo immagazzinato migliaia di nomi e numeri, la cui analisi si rivela spesso determinante per le nostre scelte». Scusi, signor Costanzi: chi sono i segnalatori? «Volontari che per amore dell’Atalanta e del calcio, senza percepire un euro, vanno sui campi e ci segnalano i giocatori a loro avviso interessanti. Lei non ha idea di quanto siano preziose quelle indicazioni».

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