Ledesma: Ternana, testa e cuore. Così ti salvi

L'ex laziale è ripartito dal club umbro con tanta umilità e pasione. «Giocare in Italia è un'altra storia, anche in Serie B. A Bari per cancellare la delusione del derby perso col Perugia»
Ledesma: Ternana, testa e cuore. Così ti salvi© LaPresse
di Tullio Calzone
7 min

L’Italia nel cuore, non solo per la moglie salentina Marta e i figli Alice e Daniel nati nel nostro paese. Cristian Daniel Ledesma, argentino naturalizzato italiano, ha avvertito subito una certa nostalgia quando, archiviata l’esperienza indelebile alla Lazio, ha giocato prima nel Santos e poi nel Panathinaikos. E così il futuro, senza pensarci su, è diventato questa Ternana da salvare. Una missione possibile per l’ex capitano biancoceleste, nato a Moron, un quartiere di Buenos Aires, prima di trasferirsi a soli 4 anni con i suoi 9 fratelli in Patagonia, a Puerto Madryn, località affacciata sul Golfo Nuevo, il mare delle balene. Portato in Italia da Pantaleo Corvino che lo aveva notato durante un torneo in Svizzera a Bellinzona agli inizi del nuovo millennio, Cristian ha indossato in carriera anche le maglie del Boca Juniors, del Lecce per 5 stagioni e della Lazio per altre 9. Un passato importante, ora, a 34 anni, l’unica cosa che conta è contribuire con Gautieri a conservare la categoria del club rossoverde. In questa intervista il centrocampista ci piega come.
Ledesma, come è stato l’impatto con il calcio di B?
«Bello. Perché erano due anni che non giocavo in Italia. Qui è tutta un’altra storia. Sono contentissimo della scelta fatta. La categoria non c’entra nulla. Va bene ugualmente».
Tutto diverso rispetto alla precedenete esperienza a Lecce in B con Delio Rossi allenatore?
«Anche allora il livello agonistico era alto. Ma c’erano più squadre di qualità: Palermo, Verona e Lecce. Altri tempi».
Come è arrivato alla Ternana?
«Abbiamo fatto una scelta tenendo conto della famiglia. Fabio Guarbasso e Giuseppe Marzotto, i miei agenti, mi hanno consigliato e assistito già durante l’esperienza in Grecia e prima ancora. Abbiamo un bel rapporto».
Aveva avuto altre offerte?
«Sì, ma la Ternana non ha perso tempo ed era decisa a puntare su di me senza ripensamenti. Altre società sono apparse e scomparse e le ho scartate. In due giorni mi sono messo d’accordo con il presidente Longarini e sono contento».
Cosa non ha funzionato al Santos e al Panathinaikos?
«In Sud America, dopo tanti anni d’Europa, è stata dura. Anche perché non avevo con me la famiglia. E’ stata una scelta giusta solo nel momento in cui l’ho presa. Poi ho capito che non era quello il posto ideale. In Grecia con Stramaccioni è andata benissimo. Non ci conoscevamo, ma ci siamo trovati subito in sintonia. Un tecnico preparato. Ho conosciuto un calcio diverso come quello greco, ho ritrovato l’Europa League. Poi i problemi della società mi hanno spinto altrove».
Nove stagioni alla Lazio indelebili. Come mai non ha rinnovato con Lotito? Sarebbe diventata una bandiera.
«E’ stata la parte della mia vita sportiva più importante quella alla Lazio. Poi l’ultimo anno non ho capito il mio ruolo e questo non mi è piaciuto. Ho scelto di andare via, ma con il presidente Lotito ci siamo lasciati bene».
Il legame con la Lazio è restato forte, suo figlio Daniel gioca nel settore giovanile.
«Sì, è felice di indossare quella maglia. Il legame rimarrà forte per sempre».
Il ricordo più bello delle stagioni a Roma qual è?
«Ce ne sono tanti. Il primo derby nel 2006 e subito gol (3-0, ndr). Ma anche la Champions League col Real Madrid, la Coppa Italia vinta contro la Samp e con la Roma. Un’esperienza umana unica».
Il rammarico, invece?
«Non ce ne sono. E poi io non sono uno che si pente delle cose che non arrivano. Certo qualche partita persa è pesata. La nuova Lazio? Si vede che c’è tanto lavoro dietro».
Alla Ternana ha trovato una colonia laziale: ci sono Simone Palombi, Mobido Diakitè e Luca Germoni.
«Un segno del destino. E’ sempre bello trovare un po’ di lazialità. Con Diakité ho giocato. Palombi ha grandi qualità. Può divetare davvero forte».
Sarà dura superare la sconfitta nel derby col Perugia?
«Non deve essere assolutamente così. Non è che pareggiando o vincendo con il Perugia le cose sarebbero cambiate tantissimo in classifica. Bisogna insistere per tirarsi fuori da questa situazione. Tutto è in gioco. Non dobbiamo mollare mai».
Cosa manca alla Ternana?
«Bisogna mantenere l’approccio giusto come fatto contro il Cittadella. Serve una mentalità da combattenti. Anche nel derby ci siamo battuti bene. Purtroppo abbiamo perso. C’era tanto equilibrio. Ma la Ternana non s’è vista solo dopo il gol preso. Credo che la prestazione sia stata costante e positiva. C’era attenzione, intensità. Purtroppo loro hanno fatto gol e noi no».
Il Bari sembra in ascesa. Bisognerà giocare la gara perfetta per tornare indenni dalla Puglia. Non crede?
«Siamo consapevoli che si tratta di una partita importante, ma non più delle altre che ci aspettano. Ognuna delle 17 gare sarà decisiva».
Cosa bisognerà temere della squadra di Colantuono?
«Il Bari ha un organico importante per la categoria. Dovremo essere mentalmente consapevoli che affrontiamo un avversario esperto e forte. Ma non bisogna temere niente e nessuno. Rispetto, sì. Ma la Ternana può migliorare e fare bene anche al San Nicola. Iniziando dal gol».
Avete chiesto qualche consiglio a Defendi, l’ex per eccellenza di questo match?
«Marino è stato tanti anni a Bari. Ma sono cambiate molte cose. L’ambiente? Conoscendolo ci può aiutare. Ma senza farci condizionare dal pubblico che sarà numeroso. Noi dovremo essere concentrati su quello che dobbiamo fare in campo. Queto conta».
Da Carbone a Gautieri. Differenze?
«Con Carbone ho lavorato due giorni. Gautieri ha provato soluzioni nelle possibilità di questo gruppo».
Per salvarsi cosa servirà?
«Fare punti. Qualità ne abbiamo tanta. Ma bisogna partire alla pari con tutti, bisogna essere pronti dal punto di vista mentale e come approccio. La qualità da sola non basta per vincere».
Cosa sente di poter promettere ai tifosi della Ternana?
«Nessun proclama. Soprattutto dopo un derby perso (Ledesma non è poi andato a vedere all’Olimpico neppure Lazio-Milan, ndr). Abbiamo un solo modo per uscirne: lavorare per fare punti».
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