Mazzola: «Ruppi con Moratti per colpa di Moggi. Agnelli mi voleva alla Juve»

Sandro Mazzola si racconta in un'intervista al Corriere della Sera: dalla staffetta con Rivera al rapporto con il padre Valentino, passando per le partite "aggiustate" dei Mondiali del '70 e del '74
Mazzola: «Ruppi con Moratti per colpa di Moggi. Agnelli mi voleva alla Juve»

ROMA - Dalla staffetta con Rivera al rapporto con il padre Valentino. Dalle partite "aggiustate" dei Mondiali del '70 e del '74 alle "dritte" di Moggi. Passando per le tentazioni Milan e Juve. Sandro Mazzola si racconta in un'intervista ad Aldo Cazzullo sul Corriere della Sera.

Questi alcuni estratti:

.È vero che al Mondiale del 1970 combinaste il pareggio con l’Uruguay?
«Sì. Noi avevamo battuto la Svezia, con una ciabattata di Domenghini, come scrisse Brera; loro avevano sconfitto Israele; con il pareggio eravamo tutti qualificati. Venne il loro capitano a dirmi: “Hombre, hoy nosotros empatamos”. Avvertii gli altri: con l’altura, fu un sollievo per tutti, a parte Bertini, che voleva sempre vincere, anche le partitelle. Cominciò a correre e a picchiare come un matto. Gli uruguagi erano furibondi: “Este hombre está loco!”».

Brera scrive che al Mondiale 1974 dopo il primo tempo lei fu mandato negli spogliatoi della Polonia, a combinare il pareggio.
«È così. Perdevamo 2 a 0, loro erano già qualificati. Proposi di organizzare un’amichevole in Italia, con incasso ai polacchi. Parlai in inglese con Deyna, il capitano. Disse sì. Ma dalla grinta con cui si avventarono nel secondo tempo, capimmo che non c’era niente da fare».Brera scrive che al Mondiale 1974 dopo il primo tempo lei fu mandato negli spogliatoi della Polonia, a combinare il pareggio.


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Cosa pensa di Moggi?
«Un genio. Ruppi con Massimo Moratti perché mi ero accorto che Moggi era diventato il suo consigliere: gli dava dritte interessate sui calciatori da prendere, gli faceva credere che sarebbe venuto all’Inter».Cosa pensa di Moggi?.

Agnelli la voleva alla Juve?
«Era il 1967, avevamo perso lo scudetto a Mantova, il ciclo era finito. All’uscita dall’allenamento incontrai Mattrel, l’ex portiere della Juve. Era la prima volta che vedevo una macchina col telefono. Mi passò l’Avvocato, che mi diede appuntamento a Villar Perosa. Mi offrì una concessionaria Fiat, un’agenzia Sai, e il doppio dello stipendio. Chiesi un giorno di tempo per consultarmi con mia madre».

Cosa le disse la mamma?
«To pà se rivolta ne la tomba! El fioeu del capitan del Toro giuga ne la Juve! L’è no pusibil!».


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È così legato alla memoria di suo padre?
«Lo cerco da sempre. Ogni volta che capitavo in Rai chiedevo i suoi vecchi filmati, e me li portavo a casa per vederli con calma. Ho sette nipoti, il più piccolo si chiama Valentino. Palleggiamo insieme, è dotato. Farà il calciatore».

Rocco la voleva al Milan?
«Sì. Ne parlammo all’Assassino, il suo ristorante preferito. Ma all’Inter non mi presero sul serio: “E noi chiediamo Rivera”. Comunque Rocco mi stimava, a modo suo. In un derby segnai al primo minuto, ed esultai davanti a lui urlando: “Ciao paron!”. Mi mise Trapattoni a uomo, e non toccai più palla. Alla fine si avvicinò e mi disse: “Ciao mona!”».


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Suo fratello Ferruccio ha denunciato che Herrera vi drogava; e lei ne prese le distanze.
«È vero. Ci dava una pastiglietta, che noi sputavamo. Così cominciò a scioglierla nel caffè. Non ne sentivo alcun bisogno, ma erano pratiche correnti nel calcio dell’epoca. Ferruccio aveva motivi di rivalsa nei confronti dell’Inter. Prima che morisse ci siamo riconciliati, ridendone. Il vero doping del Mago era psicologico».

Cioè?
«Nello spogliatoio e diceva: “Oggi si vince facile. Quelli non sono nessuno. Il terzino è lento, il mediano è un brocco...”. Prima della finale del ‘65 col Benfica ci convinse che Eusebio, uno che ha segnato più di 700 gol, fosse una pippa».
Invece?
«Era più forte di Cruijff. Ho giocato con lui in un’Inghilterra-Resto d’Europa: guardava a destra, ti metteva la palla sul piede a sinistra. Ma vincemmo anche quella Coppa Campioni».


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ROMA - Dalla staffetta con Rivera al rapporto con il padre Valentino. Dalle partite "aggiustate" dei Mondiali del '70 e del '74 alle "dritte" di Moggi. Passando per le tentazioni Milan e Juve. Sandro Mazzola si racconta in un'intervista ad Aldo Cazzullo sul Corriere della Sera.

Questi alcuni estratti:

.È vero che al Mondiale del 1970 combinaste il pareggio con l’Uruguay?
«Sì. Noi avevamo battuto la Svezia, con una ciabattata di Domenghini, come scrisse Brera; loro avevano sconfitto Israele; con il pareggio eravamo tutti qualificati. Venne il loro capitano a dirmi: “Hombre, hoy nosotros empatamos”. Avvertii gli altri: con l’altura, fu un sollievo per tutti, a parte Bertini, che voleva sempre vincere, anche le partitelle. Cominciò a correre e a picchiare come un matto. Gli uruguagi erano furibondi: “Este hombre está loco!”».

Brera scrive che al Mondiale 1974 dopo il primo tempo lei fu mandato negli spogliatoi della Polonia, a combinare il pareggio.
«È così. Perdevamo 2 a 0, loro erano già qualificati. Proposi di organizzare un’amichevole in Italia, con incasso ai polacchi. Parlai in inglese con Deyna, il capitano. Disse sì. Ma dalla grinta con cui si avventarono nel secondo tempo, capimmo che non c’era niente da fare».Brera scrive che al Mondiale 1974 dopo il primo tempo lei fu mandato negli spogliatoi della Polonia, a combinare il pareggio.


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