Italo Cucci esclusivo: «Il mio Bell’Antonio»

Il giornalista che ne ha accompagnato gli esordi e raccontato i successi, si sorprende di fronte al campione del mondo che domani compie 60 anni. E rivela…
Italo Cucci esclusivo: «Il mio Bell’Antonio»© ANSA
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Sostiene Cabrini che fu Brera a soprannominarlo “il bell’Antonio”. Non ci credo. Gioann, gran signore spesso anche crudele (vedi “lo sciagurato Egidio” coniato per Calloni con riferimento romanzesco al Manzoni) non avrebbe mai potuto offenderlo dandogli dell’impotente, né d’altra parte avrebbe ignorato il romanzo del catanese Vitaliano Brancati che sotto quel titolo narrava la storia della bellissima Barbara Puglisi dolorosamente vergine dopo un anno di matrimonio con il fascinoso Antonio Magnano. Il fascino del Bell’Antonio - impersonato al cinema da Marcello Mastroianni - era anche di Antonio Cabrini, ma accompagnato da adeguati e pratici riti amorosi che si potevano svolgere - come pure racconta - dovunque; come capitò la sera in cui, alla Ca’ del Liscio di Ravenna, chi lo cercava perché doveva ritirare un ambito premio lo trovò su un tavolo della cantina, intento a consumare una deliziosa fanciulla in fiore. Cosí com’era per lui facile conquistare o appena soddisfare tante gentildonne, facilmente fu a sua volta preda di una bellissima donna romagnola, Consuelo, che lo sposò ed ebbe da lui due figli.

L’ineluttabile introduzione erotica non distragga comunque dalla reale dimensione del calciatore, un grande campione, di quelli che sul campo eseguono naturalmente, senza sforzi fisici né marchingegni tattici, gli atti del loro destino, tant’è vero che di lui si conosce un solo errore - il rigore fallito nella finale mondiale dell’82 - che io considerai parte integrante della sceneggiatura del film “Viva l’Italia”, regía di Enzo Bearzot, colonna sonora di Nando Martellini. Era inevitabile, quel trionfo, come atto celebrativo della splendida carriera juventina che ebbi il piacere di raccontare - e pubblicare - con le splendide immagini di Salvatore Giglio e Guido Zucchi, fin dalle prime battute, quando insieme a Marco Tardelli il giorno giocava e la sera studiava.

Tecnicamente, molti hanno confuso le sue origini di “volante” con presunto adattamento a difensore, come Facchetti: in verità era la realizzazione del sogno di Edmondo Fabbri - inventore del terzino fluidificante - e il precursore dell’”esterno” sacchiano. Virtù che esaltò Enzo Bearzot, che decise di convocarlo a poche ore dalla partenza dell’Italia per Argentina ‘78, scandalizzando i criticonzi. Il resto è storia che comprende riti pallonari e civili ahimè secondari rispetto alle imprese della giovinezza. Calciatore sempre pregevole, allenatore incompiuto, resta uomo brillante, corretto, simpatico e - per definizione - fascinoso.
Sessantenne, ohibò.


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