Perché lo stallo è l'errore più grave

Il commento del Condirettore del Corriere dello Sport-Stadio sul futuro della Figc dopo le dimissioni di Tavecchio
Perché lo stallo è l'errore più grave© ANSA
Stefano Barigelli
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ROMA - Nel paese dei Gattopardi non stupisce che il calcio lavori perché, uscito Tavecchio, nulla realmente cambi. Come se il problema fosse, l’ormai ex, presidente federale. Come se fosse tutto e solo una questione personale. Come se l’esclusione dal mondiale rimanesse un episodio che, per quanto grave, alla fine si possa mettere tra parentesi, accollandolo per intero a Tavecchio e Ventura, quindi dimenticarlo. In realtà le cose non stanno così. Il calcio italiano nella sua massima espressione imprenditoriale, le Leghe di serie A e B, da mesi non riesce a eleggere i successori di Beretta e Abodi. Non riesce a produrre le riforme necessarie per riportare il nostro sistema ad essere un modello virtuoso. Non riesce a cambiare i campionati professionistici, riducendo le squadre, come si dibatte da anni. Non riesce a cambiare lo statuto, altra questione in sospeso. Non riesce a stare al passo di tempi in profonda e rapidissima trasformazione. Non andiamo in Russia, oltreché per gli errori di Ventura, anche perché siamo calcisticamente fermi da troppo tempo, senza una strategia che non sia la pura, sterile sopravvivenza.

Per riavviare il motore, per dare la svolta necessaria, il commissariamento sarebbe stata la soluzione più efficace. Un attentato alla democrazia come hanno definito l’ipotesi di Malagò quasi tutti i dirigenti e gli ex dirigenti della Federcalcio? Andiamoci piano. Negli ultimi trent’anni il calcio ha avuto quattro commissari (Carraro in tandem con Manzella, Pagnozzi, Petrucci e infine Guido Rossi). Quattro commissari nominati in periodi storici differenti, scaturiti da crisi tanto tecniche quanto politiche. Tuttavia con un denominatore comune: l’urgenza di tirare una linea su quanto fatto fin lì e di ripartire il prima possibile. Ma questa soluzione, il commissariamento cioè, al momento non pare praticabile. Non ci sono le condizioni di legge. Sicché lo scenario verso cui ci sia avvia sono nuove elezioni. Tra cento lunghissimi giorni, un interminabile, inutile stallo. Dopo di che ci sarà una nuova partita con, però, gli stessi protagonisti della vecchia. Niente turn over, giocherà chi ha perso. Il candidato dovrà perciò passare attraverso faticose trattative, lasciando per strada, ovviamente, risultati di sostanza come le riforme. Che se non sono state fatte finora, non si capisce perché dovrebbero avere un’accelerazione improvvisa. Alla fine si cercherà il miglior ct possibile, per allentare la presa di un’opinione pubblica giustamente ferita. Il calcio ha toccato il suo punto più basso da sessant’anni a questa parte, eppure nel consiglio federale anziché assumersi ciascuno le proprie responsabilità di questo fallimento epocale, s’è preferito aggrapparsi alle norme di legge, invocando addirittura la democrazia tradita. D’altronde l’importante è resistere. L’importante è far passare la tempesta. L’importante è arrivare a un voto con le solite regole, affidando poi la Nazionale a un altro allenatore. Il resto conta poco. A quel punto il gioco sarà fatto. Il calcio avrà dato l’impressione che tutto sia cambiato. Ma in realtà non sarà cambiato niente.


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