Mandragora: «Dall'oratorio alla Serie A»

Il centrocampista del Crotone, testimonial della Junior Tim Cup, è cresciuto a Scampia, il quartiere napoletano da cui viene l'Oratorio Don Guanella di Scampia che ha vinto la scorsa edizione del trofeo.
Mandragora: «Dall'oratorio alla Serie A»
Andrea Ramazzotti
7 min

MILANO - Il calcio migliore è quello che si fa promotore di valori e sogni. Attraverso lo sport, infatti, è possibile creare opportunità e valorizzare territori, specie di periferia, in attesa di una giusta chance per riqualificarsi. Questi sono alcuni dei principi della “Junior TIM Cup - Il Calcio negli oratori”, torneo giovanile di calcio a 7 riservato agli Under 14 promosso da Lega Serie A, TIM e Centro Sportivo Italiano che coinvolge gli oratori delle 15 città le cui squadre militano nella Serie A TIM. Un progetto, giunto al sesto anno di vita, che promuove un percorso di unione tra calcio di vertice e oratoriale regalando ai ragazzi l’emozione di calcare campi prestigiosi e la gioia di accogliere ogni settimana gli ambasciatori della squadra della propria città, per ascoltare dal vivo la voce di chi ce l’ha fatta, spesso partendo proprio dal basso. Numerosi sono, infatti, i calciatori provenienti da aree emarginate o disagiate approdati nella massima serie italiana dopo un percorso tortuoso all’insegna del sacrificio e del riscatto personale, tra i quali spicca Rolando Mandragora, centrocampista del F.C. Crotone, coinvolto in uno degli appuntamenti passati del progetto. Uno dei talentini emersi dalla strada, nato e cresciuto a Scampia, un quartiere napoletano dal contesto certamente non facile, che simboleggia alla perfezione il messaggio positivo lanciato dall’iniziativa e rafforzato ancor più dalla vittoria, lo scorso anno, proprio dell’Oratorio Don Guanella di Scampia che ha sollevato il trofeo della Junior Tim Cup allo Stadio Olimpico di Roma.

Che effetto fa leggere di ragazzini che, come te, sono partiti dai campetti di periferia per sollevare un trofeo nazionale in uno stadio tra i più importanti? Ti rivedi un po’ in quei ragazzi? Secondo te un'opportunità del genere cosa può aver insegnato a questi bambini?
Fa sempre piacere sentire parlar bene del quartiere dove sono cresciuto, specialmente poi se la causa è legata al mondo del calcio. Lo sport può avere, infatti, un effetto positivo sul futuro del territorio e riconoscimenti del genere possono certamente valorizzarlo, mostrando tutto il potenziale di chi è cresciuto in quella zona. Mi rivedo molto in questi ragazzi: anche io, come loro, ho sempre desiderato raggiungere risultati importanti e il trofeo conquistato può essere per loro un trampolino di lancio verso il mondo del professionismo e non solo. Un’esperienza del genere avrà sicuramente trasmesso ai piccoli campioni tutta la passione, l’impegno e la determinazione che servono per vedere i propri sogni realizzati.

Hai un ricordo particolare legato al calcio in oratorio che ancora oggi porti con te?
Anche se non ho mai giocato nella squadra, l’Oratorio è stata la mia seconda casa per tanto tempo: abitavo proprio di fronte e quando vedevo che il campetto si riempiva scendevo di corsa per andare a giocare insieme agli altri ragazzini. Ho ancora ben impressi negli occhi e nella mente i pomeriggi interminabili in cui non ci si fermava fino a quando non faceva buio, continuando a rincorrere il pallone. Ancora adesso, quando torno a casa a Napoli per le ferie, mi capita di andare in quel campo ad allenarmi: per me è molto importante sia perché mi riporta indietro nel tempo coi ricordi, sia perché suggella un rapporto di amicizia con l’associazione dell’Oratorio che negli anni è rimasto invariato nonostante le distanze.

La difficoltà maggiore di essere cresciuto a Scampia?
A Scampia sono davvero tanti i ragazzi che sognano di approdare, un giorno, sui palcoscenici del calcio professionistico e si dedicano a tale obiettivo con tutte le forze che hanno. Ciò fa sì che la qualità di chi gioca a calcio in zona sia davvero alta, a qualsiasi livello o categoria. La difficoltà maggiore che ho avuto, dunque, è stata proprio quella di riuscire ad emergere in un contesto così ricco di talenti e passione, in cui solo grande determinazione e sacrificio costante possono farti avanzare e mettere in luce rispetto agli altri.

Cosa invece ti ha lasciato in dote l'essere vissuto in una realtà come quella di Scampia che oggi ti aiuta nel mondo nel calcio e nella vita in genere?
Quello dove sono cresciuto è un quartiere con tante contraddizioni ma che, allo stesso tempo, è voglioso di migliorare. Proprio questa voglia di rivalsa e di riqualificazione mi ha sempre stimolato a dare il meglio di me, diventando fonte di ispirazione continua durante la mia carriera da professionista. Il mondo del calcio non è facile ma sono certo che la mia esperienza mi aiuterà sempre a raggiungere gli obiettivi che ogni giorno mi pongo. 

Il pallone cosa significa per un bambino cresciuto a Scampia?
Quando vedi un pallone rotolare per strada a Scampia, puoi immediatamente notare tanti ragazzi intorno pronti ad inseguirlo: è quasi un istinto naturale. Sono però contento del fatto che il calcio non sia l’unico sogno che viene rincorso li: i bambini coltivano gli interessi e le ambizioni più disparate, in diversi ambiti come ad esempio medicina o ingegneria, e sono sempre felice quando leggo di miei coetanei che riescono a raggiungere grandi obiettivi nei settori più vari.

A Scampia la Junior TIM Cup ha anche donato un campo di calcio, realizzato con le multe fatte ai calciatori: che responsabilità avete voi professionisti nei confronti dei ragazzi? Come potete essere dei modelli positivi?
Noi professionisti abbiamo un grande ruolo di responsabilità nei confronti dei ragazzi, soprattutto perché loro vedono in noi quello che vorrebbero diventare da grandi e dunque ci prendono come modelli ai quali fare riferimento e dai quali trarre ispirazione. Dobbiamo quindi impegnarci per trasmettere loro tutti i valori e gli ideali che portiamo avanti sia durante la nostra attività agonistica che, soprattutto, nel corso della nostra quotidianità, affinché fungano da esempio positivo e mostrino come si possa essere belle persone in campo e fuori.

Quanto è utile lo sport per valorizzare delle aree spesso emarginate o viste in maniera negativa?
Lo sport è sempre positivo e portatore di valori, non solo nei confronti delle aree emarginate ma a tutte le latitudini e contesti, pertanto i suoi messaggi devono essere diffusi il più possibile. Le famiglie, la scuola e gli educatori sportivi hanno poi il compito di far percepire ai più giovani i benefici che si possono ottenere praticando una qualsivoglia disciplina, che sia a livello amatoriale o agonistico, così da alimentare continuamente la voglia di far sport e di conseguenza la promozione di tutto ciò che di bello ha da offrire.


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