Se li sono bevuti tutti

Se li sono bevuti tutti© BARTOLETTI
Ivan Zazzaroni
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Non bastava la partenza del Mondiale senza l’Italia dopo sessant’anni. E neppure il licenziamento shock del selezionatore che ci ha sbattuti fuori da Russia 2018: parlo di Julen Lopetegui, non di Gian Piero Ventura. A completare la mortificazione del Paese è intervenuta una serie di arresti per tentata corruzione che hanno portato in carcere il costruttore del nuovo stadio della Roma, Luca Parnasi, oltre ad alcuni collaboratori, e ai domiciliari figure di notevole rilevanza politica. La reazione del presidente Pallotta alla notizia non è stata delle più simpatiche: «Si fermano i lavori? E allora venite a cercarmi a Boston».

Se prima di ieri riuscivamo ancora a respirare tenendo fuori la testolina, oggi siamo nella merda dal collo in su.

Niente paura, comunque: supereremo anche questa, siamo italiani e quindi vaccinati a tutto, talmente abituati agli scandali da riuscire a mantenere alto il livello di indignazione per almeno 48 ore. Leggendo le 288 pagine dell’ordinanza siamo giunti quasi naturalmente a una conclusione drammatica ancorché scontata: da noi per costruire bisogna prima di tutto distruggere (coscienze, dignità, carriere) e non servono proposte indecenti, bastano poche migliaia di euro. Ma la cosa che fa più male è sentirsi domandare «perché ti sorprendi? Sei ancora convinto che dalle nostre parti si possano tirar su quattro muri senza dover ungere qualcuno?».

Chi mi ha insegnato questo mestiere ripeteva spesso che in situazioni simili lo sport deve prevalere, e con lui l’ottimismo, la fiducia, la speranza.Dopo quasi quarant’anni e avendone viste di tutti i colori continuo a resistere alla tentazione di cedere agli aspetti più “vomitevoli” della vita ponendomi comunque in modo non convenzionale di fronte ai limiti dell’uomo, per questo oggi guardo ugualmente negli occhi il Mondiale di Ronaldo, Neymar, Messi, Müller, la Grande Distrazione. Una distrazione che mi auguro possa aiutare lo stesso Pallotta a riprendersi in fretta: il presidente di un club come la Roma deve avere la forza di ragionare da uomo di sport, prim’ancora che da imprenditore: noi non andremo a cercarlo a Boston, lo aspetteremo a Roma, a molte miglia da Tor di Valle, per invitarlo a sviluppare un nuovo piano industriale e proseguire con convinzione su quello tecnico.


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