BOLOGNA - Alberto Malesani, manca più il calcio a lei o lei al calcio?
«A me manca di sicuro. E’ stato la mia vita e dentro ora ho un vuoto, ma a questa sua domanda devono rispondere gli altri. E a quanto sembra gli manco poco».
E si è chiesto perché?
«Eh». Un silenzio di una decina di secondi. Poi: «Mi fa una domanda molto complicata, alla quale preferisco non rispondere».
E’ per questo motivo che ci ha pensato molto?
«Mi conosce bene, se decido di parlare dico quello che penso. E allora...».
E allora non ha ancora deciso di parlare?
«Penso che non ne valga la pena, potrei essere di parte. Ecco, quello che posso dire è che dall’analisi che mi sono fatto credo di aver sempre lavorato bene, con spunti avveniristici e con idee innovative e non quelle trite e ritrite delle quali sento sempre parlare. Vede, il calcio è una ricerca quotidiana e magari non avendolo saputo spiegare sono finito per diventare famoso per quelle cazzate sui social».
Ritiene di essersi venduto male o di non essere stato capito?
«Non è che non mi senta capito, ma le confesso che pensavo di finire meglio la mia carriera. Le dico di più: pensavo di meritare di finirla meglio. Probabilmente ho grosse colpe io per le scelte sbagliate che ho fatto, avrei dovuto farne altre».
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Come l’hanno rovinata i social?
«Sono stato giudicato per le immagini e non per il lavoro che ho fatto sul campo come avrebbe dovuto essere, le mie esternazioni, le mie espressioni, il mio modo di essere persona e di evidenziare la passione per il calcio sono stati ripresi dai social e di conseguenza sono stato deriso e sbeffeggiato. Non ci sono altri motivi».
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