Vincenzo Iaquinta: «Lotterò per l'innocenza mia e di mio padre»

L’ex calciatore di Juventus, Udinese e Nazionale campione del mondo ha rilasciato un'intervista alle Iene dopo la sua condanna a 2 anni e a 19 del padre. E spiega le sue ragioni
Vincenzo Iaquinta: «Lotterò per l'innocenza mia e di mio padre»© ANSA
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ROMA - «Un giorno mi sono fermato al McDonald’s. Una signora che era alla cassa mi ha riconosciuto: ‘Ah, c’è Iaquinta’. E di là quello che lavava i piatti ha detto: ‘Ah, quel mafioso!’. E io c’avevo i bambini in macchina». Le parole quasi rotte dalle lacrime. Vincenzo Iaquinta ha parlato alle Iene dopo la condanna in primo grado a due anni nell'ambito del processo Aemilia, il più grande mai celebrato al Nord sulla mafia calabrese. L'ex giocatore di Juventus, Udinese e Nazionale calcio campione del mondo del 2006, non si rassegna all'idea che il suo nome e quello della sua famiglia (19 anni è la pena per il padre Giuseppe, imprenditore edile) siano associati alla 'Ndrangheta.

Iaquinta si proclama innocente, sostenendo che lui e suo padre sono stati condannati perché calabresi di Cutro (Crotone), il paese da cui viene il boss principale al centro del processo Aemilia, Nicolino Grande Aracri.

Tra le accuse dei c’è anche quella che la ’Ndrangheta avrebbe facilitato la sua carriera. Vincenzo nega con rabbia: «Ma stiamo scherzando, tutte fesserie! È la cosa più schifosa che hanno detto i pentiti: io ho fatto 90 gol in serie A e 40 presenze in Nazionale. La verità è che lo stiamo tenendo su noi questo processo: Iaquinta…, Iaquinta…, su tutti i giornali. Ci sono state 119 condanne, hanno parlato solo di Iaquinta Giuseppe e Vincenzo Iaquinta. A essere famosi ci sono i pro e i contro. I giornali mettono solo: due anni a Iaquinta per ’Ndrangheta, maledizione! È la cosa più brutta che ti può capitare», ha detto l'attaccante. 

ECCO LA TRASCRIZIONE DELL'INTERVISTA:

Iena: Il campione del mondo che è legato alla ‘ndrangheta?

Iaquinta: Mi fa paura sentire questa parola qua. Essere accostati a questa ‘ndrangheta è la cosa più brutta che mi poteva capitare.

Iena: Tu non hai mai parlato.

Iaquinta: No, mai, perché io avevo fiducia in questa giustizia. Ho aspettato però adesso basta, è arrivato il momento di far capire alla gente che mio padre non c'entra niente in tutto questo. Veramente, è innocente. Sono stanco, Giulio, sono veramente stanco di questa situazione. Sono stanco. Ieri, dopo la condanna, sono arrivato a casa… i miei bambini che piangevano… mia madre che è malata di tumore da 4 anni… ma un cuore ce l'ha questa gente o no? Ce l'ha un cuore? Mio padre è calabrese, anche io sono calabrese, sono di Cutro. Essere di quel paese non vuol dire che tu sia ‘ndranghetista. È questo che non capisco. Hanno fatto di tutta un'erba un fascio. Oggi tu dai la carta d'identità a Reggio Emilia, ‘Sei di Cutro? Sei mafioso - qua dicono - sei ‘ndranghetista’.

Iena: Che significa ‘ndrangheta per te?

Iaquinta: La ‘ndrangheta a me non interessa, Giulio. È una cosa che nella mia famiglia deve stare lontana perché non fa parte di noi. Ho paura a parlare solo di ‘ndrangheta, vedi che sto tremando. Scusa la tensione ma sono così io, sono genuino come mi vedete. Non c’è cosa più brutta di venire marchiato col nome della ‘ndrangheta, non c’è cosa più brutta. A mio padre hanno tolto la White List (il certificato per lavorare con gli enti pubblici, ndr) e non riusciva a capirne il motivo, il perché. È andato mio padre alla DDA di Bologna a dire ‘Venite a controllare’ perché lui era pulito, non aveva fatto niente. Io ho preso il porto d’armi con due armi dichiarate.

Iena: Andavi a sparare al poligono?

Iaquinta: Sono stato al poligono una volta, quando le ho prese, poi non ci sono più andato. Ero sempre a Torino, così le armi sono rimaste sempre a casa mia. Nel 2014 mia sorella mi chiese se poteva andare ad abitare a casa mia, dove io detenevo regolarmente queste armi. Mio padre, a mia insaputa, per sicurezza ha preso queste armi, le ha trasferite a casa sua, in cassaforte. È stata un'ingenuità di mio padre. Quando vengono ad arrestare mio padre, nel 2015, le armi non le avevano trovate. Dopo tre giorni ritornano questi della DDA e gli ho detto io che c'erano le mie armi. Ho detto: ‘Guardate che mio padre ha preso le armi, le ha prese per sicurezza’, gli ho spiegato tutta la storia.

Iena: E loro che ti hanno detto?

Iaquinta: ‘Stai tranquillo, vedrai che sarà una cosa amministrativa’. Dopo 15 giorni, invece, mi chiamano alla caserma di Quattro Castella dove c'era una notifica che diceva che io queste armi le ho date in mano alla ‘ndrangheta, che sarebbe mio padre… dandomi l'articolo 7 (l’aggravante mafiosa, ndr). Con la sentenza l'articolo 7 è caduto perché non c'era l'aggravante mafiosa.

Iena: È possibile che tuo padre abbia preso alla leggera determinate amicizie?

Iaquinta: Ma può anche essere, ma mio padre andava a mangiare con quelli. C’è scritto anche agli atti che conosceva tutti, ma conoscerle è reato? Se conoscerle è un reato alziamo le mani e si fa 19 anni di carcere, ma non è così. Mio padre deve aver fatto qualcosa con questi qua per essere condannato, ma mio padre non ha fatto niente perché le carte lo dimostrano al processo. Cutro è un paese normale, dove tutti si conoscono. Mio padre conosce tutti al paese, ma questo conoscere non vuol dire conoscere persone che hanno fatto del male, non vuol dire che mio padre ha fatto del male anche lui, perché mio padre in tutta questa storia non c'entra nulla, assolutamente. È pulito mio padre, e si chiedeva ‘Perché mi devono fare qualcosa se io sono pulito?’. Se la gente ha commesso dei reati perché non sta in carcere? Perché io sono un uomo pulito e ho paura ad andare al bar e incontrare una persona che è delinquente e se la conosco non la devo salutare? Quel delinquente tienilo in carcere così mio padre può andare al bar tranquillo. Alla cena di Pagliani c’erano avvocati e giornalisti. Mio padre si è fermato dieci minuti e non sapeva neanche di cosa stavano parlando. Il signor Pagliani non lo conosceva neanche, lo ha conosciuto poi in carcere.

Iena: Nel momento in cui uno che tu sai vicino a una famiglia mafiosa ti chiama e ti invita a cena, uno perché ci va?

Iaquinta: Perché una volta gli dici di no, la seconda gli dici di no, venti volte gli dici di no, poi ci devi andare. Quello può dire ‘perché non viene da me? Che paura ha?’. È un'offesa per loro e poi ci vai. Mio cugino si è sposato la figlia di Grande Aracri (boss della ‘ndrangheta, ndr), mio padre e mia madre sono stati invitati a questo matrimonio e ci sono andati, basta. Per rispetto in Calabria si va ai funerali e si va ai matrimoni.

Iena: Le persone che conoscevano tuo padre tu le conoscevi?

Iaquinta: Certo che le conoscevo, ma conoscere queste persone non vuol dire che io sia ‘ndranghetista. Ma stiamo scherzando? Abbiamo la casa in questo villaggio, di fianco a casa mia abita il fratello di Nicolino Grande Aracri. Un giorno Nicola è entrato a casa mia, è venuto lì per salutarci perché c'ero io… Queste persone erano orgogliose di me, di quello che ho fatto a livello calcistico, io sono diventato campione del mondo. E abbiamo fatto questa foto, e questa foto qua poi è andata su Facebook ed è agli atti dicendo che quello era un summit di ‘ndrangheta. A mezzogiorno, con dei bambini, c'erano i miei figli, c'erano i miei cognati. C'era un summit e tu vai a pubblicarlo su Facebook?

Iena: Voi sapevate chi erano?

Moglie: Ma certo che lo sapevamo chi era.

Iaquinta: Come faccio a dirgli di uscire perché è ‘ndranghetista? 

Moglie: Non è che quando arriva si presentano con armi… Tu puoi evitare di farci un affare perché sai chi è, ma non puoi evitare di salutare o dare la mano o fare la foto.

Iaquinta: Perché, per un po' di paura, non lo so.

Iena: Se si offende uno che sai che appartiene alla ‘ndrangheta qualche scrupolo te lo fai.

Iaquinta: E certo, quello sì, sicuramente.

Moglie: Ma noi abbiamo quattro bambini…

Iaquinta: Tutti si farebbero qualche scrupolo. Solo del nome ‘ndrangheta ho paura.

Iena: Hai facilitato delle volte delle persone?

Iaquinta: Mai, mai. A me queste persone non hanno mai chiesto niente.

Iena: Qualche maglietta?

Iaquinta: Magliette, palloni, fotografie. Perché, non posso fare fotografie o dare una maglietta? È un reato? È mafia? Ma in quanti si fanno la foto con me che io non so neanche chi siano? Può essere il più delinquente del mondo, perché io devo dire di no? Ma dai, ma stiamo scherzando? Quando toccano la tua dignità è impossibile stare zitti o stare fermi, è impossibile! Penso che se una persona si arrabbia è perché non ha fatto niente. Si sono attaccati a robe allucinanti, ci sono i pentiti che hanno parlato che mio padre faceva fatturazione falsa, e dove sono queste fatture false? 

Iena: Hanno detto che la ‘ndrangheta ti ha facilitato nel mondo…

Iaquinta: Ma ha facilitato cosa? A me non ha facilitato nulla… Perché non ho bisogno della ‘ndrangheta. Io ho guadagnato dei soldi, secondo te ho bisogno dei soldi della ‘ndrangheta o mio padre aveva bisogno dei soldi della ‘ndrangheta, ma stiamo scherzando? 

Iena: Vengono messe in discussione tutta una serie di cose: come ci sei arrivato a giocare in nazionale…

Iaquinta: Quella è la cosa più schifosa che hanno detto i pentiti. Tutte fesserie, balle. Io ho fatto 90 gol in Serie A, sono arrivato in Nazionale: 40 presenze in Nazionale, ho vinto un Mondiale. Perché queste cattiverie su di noi?

Sulla questione emersa durante il dibattimento processuale riguardo agli ombrelloni nel villaggio a Cutro di Giuseppe Iaquinta, l’ex attaccante della Nazionale risponde: 

Hanno rubato due ombrelloni che noi avevamo pagato, un amico di infanzia di mio padre ha chiamato un personaggio di questi dicendo che a Iaquinta avevano rubato questi due ombrelloni e non c'è più rispetto. I PM l'hanno girata come se mio padre era una persona importante, no? Ci sono stati ridati gli ombrelloni ma pagati, non è perché ce li ha portati la ‘ndrangheta, capito? Abbiamo la fattura e le abbiamo portate anche agli atti queste cose qua. L'amministratore di questo villaggio è venuto a fare dichiarazioni e non gli hanno neanche creduto.

Iena: E dalle indagini non è uscito un collegamento per appalti…

Iaquinta: Assolutamente, mai. Mio padre gli ha portato un faldone così di roba che ha chiesto al commercialista e ha detto ‘Ecco qua, controllate’.

Iena: Ha avuto qualcuno a lavorare di qualche famiglia ‘ndranghetista?

Iaquinta: No, no mai.

Iena: Qualcosa ci deve essere…

Iaquinta: Se c’era stato veniva fuori. Ma non è venuto fuori niente, Giulio. Su mio padre non c’è un’intercettazione telefonica, sono sempre gli altri che parlano del nostro cognome. Non è che è uscito fuori ‘Tuo padre ha fatto questo’. No, stiamo parlando del nulla. Io ero convinto che mio padre ne sarebbe uscito pulito, invece no. Solo per una cena, perché sei andato al matrimonio o al funerale, parliamo di due ombrelloni! Può essere che questo processo, se avessero assolto mio padre, sarebbe potuto cadere perché non c’era più un’immagine per i media? Lo stiamo tenendo su noi sto processo ‘Iaquinta, Iaquinta’, tutti i giornali… Ci sono state non so quante condanne, cento e passa condanne ieri…

Iena: 119!

Iaquinta: Ma hanno parlato di Giuseppe e Vincenzo Iaquinta. Essere famosi ha i suoi pro e i suoi contro. I giornali mettono solo due anni a Iaquinta per ‘ndrangheta. Maledizione, maledizione. È la cosa più brutta che ti può capitare, un giorno mi sono fermato al Mc Donald e una signorina, quella che era alla cassa, mi ha riconosciuto ‘Ah c’è Iaquinta’ e di là quello che lavava i piatti ha detto ‘Ah quel mafioso’. E io avevo i bambini in macchina, capito? Perché mio padre è ancora in carcere? Dopo una condanna di primo grado già in carcere? Sono andati a prenderlo ieri, ieri sera. Non lo so perché questo accanimento contro di noi, non lo so. Non è emerso niente su mio padre che poteva esserci una associazione, non è emerso niente. Partiamo dal fondo della famiglia Iaquinta, chi è stata la famiglia Iaquinta e cosa si è costruito mio padre a 16 anni che è venuto a lavorare in fabbrica a Milano con suo fratello che dormiva in fabbrica. E si è costruito tutto da solo, tutto da solo senza l’aiuto di nessuno. Come mi sono fatto io tutto da solo, ad arrivare a certi livelli. E questi qua in un secondo vogliono rovinare la famiglia Iaquinta, in un secondo dopo tutti i sacrifici che abbiamo fatto? È così che funziona l’Italia, è così? Per tre giudici? Per due PM? O per un pentito che ha detto solo ca**ate nel processo? Un pentito che ha fatto le cose e va a buttare me**a addosso alla gente, è questa l’Italia? No Giulio, non è così. Basta! Mi sono rotto le pa**e di stare zitto, c’è da parlare. Io lotterò fino alla morte per l’innocenza per mio padre. Perché io lo conosco talmente bene, è una persona che non si permetterebbe mai di far del male a me. Io sono nato a Crotone, e siccome mia madre e mio padre abitavano in una casa piena di umidità, dove il bagno era fuori e avevano paura che se mi portavano lì morivo con tutta quella umidità. Mi hanno lasciato due mesi da mia nonna e da mio nonno. Loro sono tornati qua perché mio padre lavorava e dopo mi sono venuti a prendere. La gente deve capire da dove siamo partiti anche noi. Abbiamo altri due gradi giudizio e la verità deve venire fuori, per forza. Ho fiducia nella giustizia, Giulio.

Iena: Tu hai fiducia?

Iaquinta: Al 100% sull’innocenza di mio padre.


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