Folli di reazione

Mourinho non è il primo né l’ultimo a rispondere platealmente alle offese dei tifosi: da Mazzone a CR7, passando per Sarri, nell’arena prevale il linguaggio dei gesti
Folli di reazione© ANSA
Fulvio Abbate
3 min

Il palmo della mano accostato all’orecchio, la bocca presa in una smorfia obliqua degna di Braccio di Ferro quando questi, infine, trionfa su Bluto, nemico di sempre. Mourinho, così l’altra sera al termine dell’incontro tra il suo Manchester e la Juve, così all’Allianz Stadium, un caso. Sappiamo già, l’arena, lo stadio, da sempre, certamente dai giorni del Circo Massimo, è una sorta di social vivente, pulsante, a maggior ragione quando vede ai bordi del campo, meglio, al suo centro un José Mourinho, grande personalità, sia detto come dato oggettivo, narcisisticamente, se non doverosamente, strutturata, i piedi piantati, come quell’altro colosso, nella considerazione di sé. Mi direte che accanto alle pulsioni dell’uomo, del professionista Mou in questo caso c’è anche da contemplare il senso del limite e del rispetto, già, tutto vero, ma anche perfino della tolleranza a fronte di una grandinata di insulti che piovono addosso per 90 minuti.

Adesso lascia perdere che un allenatore, forte delle sue credenziali, anche economiche, materiali, dovrebbe custodire self control e sangue freddo, perché forse, qui, basterà aggiungere, più prosaicamente, il quando è troppo è troppo che manda all’aria ogni protocollo. In questi casi, se non l’insulto manifesto, ossia il dito medio sollevato, in questi casi, escludendo l’estrema ratio della rabbia, si risponde appunto con i linguaggi gestuali, e, storia ormai nota, ognuno ne coltiva di propri, li custodisce nella propria tasca, pronti per essere tirati fuori all’occorrenza. Lascia perdere l’orgoglio per la tua maglia offesa, pensa per un attimo alle forze elementari della tolleranza messe a dura prova.

Esatto, nel caso degli insulti donati a Mourinho, inclusi perfino i suoi antenati, durante Juventus-Manchester United, lo si è già accennato, la risposta inquadra una mano che tende all’orecchio, dove, in questo caso, il sottotesto, se possiamo dirla citando un codice del Sud, corrisponde a un esplicativo: “Che dici, eh, che stai dicendo?” Oppure, pensando al cinema con De Niro “Taxi driver”, questi rivolto allo specchio mentre pronuncia quell’ormai proverbiale: «Dici a me?». 

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