De Angeli, la Signora in Rosa: ecco chi è la fedelissima di Zamparini che governa il Palermo

Ecco chi è Daniela De Angeli, la fedelissima di Zamparini che ha raccolto l'eredità del vecchio patron: «Sono testarda, istintiva e generosa. Serviva un factotum e mi sono buttata. Quesat città mi è entrata nell'animo. Ho accettato di cutrare la società per le persone che ci lavorano. Andremo in A»
De Angeli, la Signora in Rosa: ecco chi è la fedelissima di Zamparini che governa il Palermo
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PALERMO - Del Palermo è stata, ed è, tutto: collaboratrice di Zamparini fin dal primo giorno, direttore amministrativo, presidente e, oggi, proprietaria. Lady rosanero che più non si può, la prima donna numero uno nei centodiciannove anni della storia calcistica palermitana: Daniela De Angeli, 52 anni il 13 aprile, nata a Venezia, sposata, senza figli, da 33 anni, nelle aziende di Zamparini; da diciassette in viale del Fante. Oggi padrona delle azioni, per decidere i destini della società. Se da angelo o da diavolo lo dirà la storia. Intanto, per la prima volta si racconta.

Prego, De Angeli: si descriva.

«Tre parole: testarda, istintiva, generosa. Non per niente sono dell’ariete. Mi sento attraente, romantica, considero la famiglia un’utopia, non voglio mai perdere tempo inutile, adoro il materasso di casa, il profumo Creed e il nuoto. Amo lo sport, mi piace ballare, ma di pallone non ne sapevo niente. Sono sposata da dieci anni con Paolo che gestisce una piccola impresa. Ci siamo conosciuti ad un torneo di tennis: lui, amico del maestro, ha insistito per incontrarmi».

 Il sogno da bambina?

«Diventare giornalista, scrivere. Prima pensai ad un libro, ma di libri non si mangia. Poi, collaborai con il Gazzettino e la Nuova Venezia, interrotta una volta assunta dal Venezia». 

Scoccava così la scintilla con il calcio.

«Appunto, serviva una factotum e mi sono buttata. Avevo 18 anni, tre mesi dopo Zamparini avrebbe rilevato il Venezia. Così sono diventata tifosa e simpatizzante della Juve, per il legame forte che si era instaurato con Marotta. Poi non avendo capito la scelta di Agnelli, ho provato una profonda delusione. Ma non sarò mai dell’Inter».

Perché Palermo?

«Decisione istintiva, di pancia, tipica dell’ariete. Me lo chiese Zamparini, accettai senza pensarci».

C’è un calciatore al quale si sia affezionato?

«Diversi, fra tutti Igor Budan. Marotta l’ha portato a Venezia, ci siamo frequentati con la famiglia, conosco i bimbi e la sua vicenda non solo calcistica. Ma anche Struna per il suo temperamento o Morganella, un tipo fuori dalle righe. In un uomo mi colpisce di più la follia. Con Paolo abbiamo invertito i ruoli, altrimenti non sarei qui, con questi problemi, a prendere responsabilità sul futuro societario».

Il Palermo andrà in A?

«Sono scaramantica ma grido sì con cuore testa e anima. E’ indispensabile». 

Cede il Palermo, poi cosa fa?

«Per come sono messa, me ne andrei in Brasile a vendere cocomeri (ride), alla ricerca della tranquillità perduta, anche se non le nascondo che mi piacerebbe far parte di un progetto che possa lanciare il Palermo più in alto possibile. Intanto, immagino di piazzare la società e di fuggire a Lussino, isola della Croazia, il mio rifugio proprio perché non c'è assolutamente niente. Ma la priorità non è De Angeli, quanto vendere ad un investitore serio che porti un programma a lungo termine. A Palermo ho vissuto storie incredibili, che mi lusingano, non avrei mai pensato di legarmi così a questa squadra, alla città, alla società, ai colori e alle persone. Credevo in una esperienza di due o tre anni. Invece mi trovo più appassionata di prima e con una voglia di continuare che cresce». 

Cosa rappresenta Zamparini per lei?

«Un secondo padre, l'amico di sempre, la famiglia. Maurizio è persona di spessore morale, generosa e spigolosa. Diversamente non avrebbe ottenuto quello che ha avuto, nel bene o nel male».

Ma come fa a spiegare alla gente che le quote societarie non sono passate dalla tasca destra di Zamparini a quella sinistra considerato il vostro rapporto?

«Basterebbe una riflessione. Se Zamparini fosse ancora coinvolto, non ci troveremmo in questa situazione perché ha sempre fatto fronte ai suoi impegni. Poi giudicatelo come volete. Invece, io e Foschi siamo in una situazione di quasi immobilità. Maurizio, nel momento in cui ha venduto agli inglesi, si è tirato fuori. Mi ha fatto crescere e questo legame rimarrà per sempre. Ma un conto è l'aspetto umano, un altro quello lavorativo. Gli inglesi avrebbero voluto licenziarmi. Zamparini non è intervenuto perché la società non era più sua».

Il fallimento pilotato potrebbe rappresentare una soluzione?

«Non sono d'accordo, l'unico vantaggio sarebbe per l’imprenditore che acquista con meno soldi. Ma a quale prezzo? L’aspetto più importante che mi ha fatto decidere di prendere la società è il tentativo di dare speranza alle persone che lavorano qui. Ed è l'unica cosa che mi interessa. Nessun taglio con il passato ma continuità».


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