La mostra fotografica di Antonia Pozzi poetessa incantata anche dall’alpinismo

Iscritta al Cai, arrampicatrice, alpinista a tutto tondo, Antonia trova il suo buen retiro a Pasturo, in Valsassina. Ma la sua poetica, come gli infelici ed intensi amori, vira insieme alla sua inquietudine
Bruno Bartolozzi
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ROMA - Antonia Pozzi è forse una delle figure che intimamente ma non così esplicitamente hanno parlato di sport. Poetessa, filologa, filosofa, donna bella e tormentata dall’amore e dalle passioni culturali, ha la fortuna di vivere, e, purtroppo, di breve vita si tratta, nel cenacolo milanese di Antonio Banfi, attorno agli anni Trenta: è il gruppo di studiosi che consentirà all’Italia di mettere in campo intellettuali come Alberto Mondadori, come i filosofi Remo Cantoni ed Enzo Paci, critici militanti come Dino Formaggio o Luciano Anceschi che fondano e sviluppano quello che poi viene indicato come approccio fenomenologico all’arte. Il critico fenomenologico svela il profilo estetico di un’opera, di un’artista ( ma più efficacemente lo fa individuando una famiglia di autori o di un periodo), raccontando la bottega, il laboratorio, gli aspetti più concreti ma per questo fondanti del fare poesia, pittura, musica.

E per questo leggere i racconti di montagna di Antonia Pozzi, ammirare le sue fotografie, evocare, nei suoi diari o all’interno delle sue liriche gli stessi sentimenti che le trasmette il suo amato tennis, o le imprese alpinistiche, introduce il tema dell’estetica dello sport. Vedere lo sport come fatto d’arte o cogliere nello sport l’artisticità di un gesto non significa compiere una forzatura astratta. Significa al contrario, percorrere un vissuto che lega le esperienze sportive di chi le compie e di chi le ammira all’interno di una rete di rapporti fatta di abitudini, scoperte, forme di vita. E così il gesto artistico può diventare racconto, poesia o fotografia. Come le belle immagini che in questo periodo sono esposte a Milano, fino al 24 aprile a Milano in via De Amicis 17, all’Antiquarium “Alda Levi”: sono gli scatti di montagna di Antonia Pozzi. Iscritta al Cai, arrampicatrice, alpinista a tutto tondo, Antonia trova il suo buen retiro a Pasturo, in Valsassina . Ma la sua poetica, come gli infelici ed intensi amori, vira insieme alla sua inquietudine. Non solo imprese, non solo luce, ma tenebre. “La poesia ha il compito sublime di prendere tutto il dolore che ci spumeggia e ci romba nell’anima e di placarla e di trasfigurarlo nella suprema calma dell’arte, così come sfociano i fiumi nella vastità celeste del mare. La poesia è una catarsi del dolore, come l’immensità della morte è una catarsi della vita”. Antonia Pozzi si spegnerà, a poco meno di 27 anni, in una fredda mattina di dicembre, in un prato di Chiaravalle, non lontano dalla abbazia cistercense, ai lembi meridionali della periferia milanese, dopo aver ingerito dei barbiturici.


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