mazzantini: E adesso datemi gli uomini, li voglio allenare

Selena allenatrice Uefa, da sei anni alle giovanili della Lazio, ha appena superato il corso Figc di Match Analyst: unica donna su 42 partecipanti: "Ormai non mi impressiona più. Sacrifici? No, solo sfide"
mazzantini: E adesso datemi gli uomini, li voglio allenare
Valeria Ancione
5 min

Se nasci a Recanati non puoi fare il poeta, perché “l’ermo colle” è già occupato. Devi fare altro. Diversamente poesia. «Sono cresciuta sulla stessa strada di casa Leopardi: io all’inizio, Giacomo alla fine. In quel Palazzo vado spesso, portando amici in visita. E ogni volta che ci entro è un’emozione grande. Dico che sono di Recanati con orgoglio, ma poi penso che il Poeta è lui, mentre io non ho fatto niente, sono solo nata nella sua città».

Ma Giacomo Leopardi è una grandezza assoluta. Ognuno di noi fa il suo. Anche chi è nato a Recanati fa. E Selena Mazzantini le sue cose le ha fatte. Ex calciatrice, ora allenatrice delle giovanili della Lazio, con patentini Uefa A e B, e infine Match Analyst, ultima qualifica conquistata al corso Figc, unica donna su 42 partecipanti. «Alla Lazio alleno da sei anni e ci sono arrivata per caso, per scommessa, dopo aver allenato la Roma femminile, in A e in B. Il corso di Match Analyst l'ho frequentato per arricchirmi e cercare sempre nuovi stimoli».

Quarantaquattro anni, capelli biondi e denti bianchi, Selena ha iniziato come si faceva una volta, per strada con gli amici. «A 12 anni è arrivata la Recanatese, ma non c'era campionato femminile, quindi facevo solo i tornei estivi». 

Una donna germoglia presto nella testa di una ragazzina e anche quella determinazione che la distingue nel mondo e nella vita. «Dopo la Recanatese sono stata tesserata con l'Ascoli: all'inizio con i miei genitori poi con le mie compagne di squadra in macchina arrivavo a Porto Sant'Elpidio dove mi prendeva il pulmino, per tre-quattro volte a settimana. Ero alle superiori e facevo 80 km ad andare e 80 a tornare. Dopo l’Ascoli ci sono stati i tre anni bellissimi alla Lazio, quella dello scudetto. Ho chiuso la mia carriera con la Roma in serie B». 

L’Italia non è un paese per donne. Selena fa parte della generazione “invisibili”, le precarie del calcio, quelle che si devono inventare e rigenerare ogni giorno. «Siamo dilettanti, con impegno e dedizione da professioniste. Alla Lazio ho imparato la professionalità, senza la quale lì non andavi avanti ma ho capito che potevo fare la calciatrice per lavoro».

Fortune o coincidenze: la Lazio la fa calciatrice vera e la Roma allenatrice. «La fortuna te la vai a cercare. Il calcio è passione e farla coincidere con il mio lavoro è stato il massimo. Se hai un obiettivo devi raggiungerlo. Sacrifici? No, per me sono state sfide. Come tutti i corsi che ho frequentato, ognuno una nuova sfida, un nuovo stimolo. Anche in Uefa A e B ero l’unica donna. Ormai non mi impressiona più. Oggi non è così difficile essere sola in mezzo ai maschi».

Accettare che una donna capisca di calcio risulta ancora oggi molto difficile. Figurarsi se una donna è anche qualificata match analyst. «Mi sento più allenatrice che analista. Però penso che tutti i tecnici dovrebbero avere questa specializzazione. Il match analyst prepara la partita e dà informazioni al tecnico sul singolo o anche sulla propria squadra. Fornisce numeri, dati per ridurre gli errori. Ho ricevuto tanti complimenti al corso, mi hanno detto che sono stata brillante nel test di ammissione: 41ª su 100 e 42 posti. Mi sono sentita alla loro altezza, alla pari. A volte siamo noi stesse che ci sentiamo meno o diverse e finiamo con l'alimentare la discriminazione. Invece penso che siamo sempre più integrate e riconosciute. Certo, se fossi maschio con le mie competenze avrei più opportunità».

Selena dribbla i sogni per renderli progetti: «Mi piacerebbe fare parte dello staff tecnico di una squadra maschile, Lazio in testa. Allenare uomini o donne? Sono molto combattuta, ma preferisco lavorare con gli uomini, proprio per la differenza fisica e atletica. Anche se arrivare in una Nazionale femminile sarebbe una ricompensa, visto che non ci ho mai giocato magari potessi allenarla...».

A Recanati poeti come Leopardi non ne nasceranno più. Ma ognuno fa il suo. «Mia sorella per esempio faceva la ballerina. Io faccio calcio».


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