Girelli: L'Italia ha imboccato la via giusta per il Mondiale. E il Belgio è un crocevia

L'oratorio, il calcio coi maschi, fino alla Nazionale. L'attaccante azzurra del Brescia, impegnata nelle qualificazioni per Francia 2019 (martedì alle 18 a Ferrara), si racconta. "Vogliamo tornare a essere le più forti al mondo. Questa Nazionale può: è un bel gruppo. Il calcio è la mia vita e amo cucinare"
Girelli: L'Italia ha imboccato la via giusta per il Mondiale. E il Belgio è un crocevia
di Valeria Ancione
6 min

Il fisico, alto e imponente, stride con quel viso da Holly Hobbie, la bambola col faccino tondo. Cristiana Girelli è la delicatezza di un cartone animato e la potenza di un carrarmato, la sintesi della donna che gioca a pallone. Se cresci a Nuvolera, tra lago, colline e quattromila persone che quasi si conoscono tra loro, hai la curiosità dell’altro mondo e l’ingenuità di potere tutto. Da bambina Cristiana giocava a pallone con gli amici: pomeriggi interi all’oratorio, mossa anche dalla passione del padre, presidente di una squadra di calcio. «Ho giocato coi maschi fino a 14 anni. Poi qualcuno del Verona mi ha notato e voluto. Ma io preferivo sempre i maschi, i miei amici, l’oratorio, non mi interessava che ci fosse un calcio femminile. Però i miei genitori mi hanno fatto riflettere: “il treno passa una volta sola”.

IL VIAGGIO. Se non col treno, a viaggiare però Cristiana si è messa davvero: avanti e indietro dalla provincia di Brescia a Verona per gli allenamenti delle tre del pomeriggio. Al suono della campanella di scuola, pronti via: i primi anni col papà di una compagna, poi con Melania Gabbiadini, chioccia e autista. «Nove anni a Verona, tanti sacrifici. La scuola prima di tutto. Ho fatto lo scientifico, un paritario per forza, facevo troppe assenze. Era difficile conciliare. Uscivo la mattina per andare a scuola e tornavo all’ora di cena, mangiavo e mi mettevo a studiare».

Gli studi al momento sono stati accantonati, dopo due anni di Farmacia e qualche esame, scelta obbligata perché i Girelli sono farmacisti di famiglia. «Ci ho provato, ma ho dovuto lasciar perdere, con dispiacere. Farò altro, appena possibile, qualcosa che abbia a che fare col calcio, il mio mondo, per esempio nutrizione o fisioterapia. Sarà che da qualche anno ho cambiato mentalità, ho capito per esempio l’importanza di una alimentazione corretta. Insomma, so che devo fare certe scelte e certi sacrifici se voglio essere un’atleta e non una sportiva: sono due cose ben differenti».

I calcio cos’è, cos’ha, cosa vuole? Ruba l’anima ma restituisce felicità. «Il calcio è la mia vita, pura passione», risponde senza esitazione Cristiana, numero 10, capitana di un Brescia pluriscudettato e in duello aperto con la Juventus per questo tricolore. «Sono nata attaccante. Anche se Milena Bertolini mi ha scoperto mezz’ala e mi piace. Quando giocavo coi maschi, io facevo i gol, io giocavo in attacco. Non ho mai subito torti dai ragazzi. Non mi sono mai dovuta sottomettere. Arriviamo allo scontro diretto con la Juventus (il 14 ndr) con tre punti in meno, siamo state brave. Sarebbe ancora più bello giocarci lo scudetto agli spareggi».

I MONDIALI. Ma prima di questo c’è la Nazionale. Dopo la vittoria sulla Moldavia (venerdì 3-1), martedì a Ferrara c’è finalmente il Belgio. L’Italia è in testa al girone, ma ancora non è fatta. «Sono giorni importantissimi questi, ci giochiamo una fetta di qualificazione. Il Belgio è un crocevia, vincere è fondamentale. Questa Nazionale è un bel gruppo. Siamo forti e ne abbiamo consapevolezza. Non ci surclassa più nessuno. Abbiamo imboccato la giusta via. Avvertiamo intorno a noi la fiducia, conquistata coi risultati e le prestazioni. Siamo l’Italia e vogliamo essere le prime al mondo. Quando porti questa maglia senti il peso della responsabilità. Ma quel che conta ora è che siamo nel nostro momento».

DELLA CUCINA E ALTRI AMORI. Cristiana, ventotto anni e il piercing alla lingua, ama cucinare. E chi ama la cucina ama la casa, come un nido, come un bisogno di ritorno, anche se proprio non le piace fare le pulizie. Serie Tv e gente a cena, la felicità è più semplice di quanto non si pensi. La sua specialità sono i primi piatti. Ed è regina della polenta con pollo e funghi, se proprio primo piatto può chiamarsi. Non le interessa imparare a fare il sushi («Ci vuole troppo tempo, preferisco comprarlo pronto»), piuttosto vuole imparare a fare la pasta in casa, la pastiera e il casatiello. Tifa Juventus, è “figlia” dei Del Piero e dei Baggio («Persone eccezionali non solo calciatori»). E’ innamorata della nipotina di due anni, figlia della sorella: «Mi chiama Tata, è bellissima, mi piacerebbe moltissimo che giocasse a pallone. Specie ora, vedendo le piccole che si affacciano a questo mondo, mi accorgo che è bello essere un punto di riferimento. Io mi sento pronta. Ho la maturità giusta. So stare nel gruppo e nelle sue regole».

TRASFORMAZIONE. Il calcio femminile cresce e aumenta l’attenzione. La generazione di Girelli e quella prima hanno spianato la strada. A chi verrà d’ora in poi sarà tutto più facile. «Speriamo di poterne godere anche noi della trasformazione. Ecco, a volte penso che vorrei essere più giovane. Però, dai... ventotto anni non sono tanti, ne ho tempo ancora».

Di assist e di gol si ciba  Girelli: «Non saprei scegliere. Gli assist sono importanti, però condividere la gioia del gol è la cosa più bella che c'è».

Cristiana Girelli ha preso il treno giusto, ma poi strada facendo ha avuto la fortuna di incontrare anche le giuste persone. «Ringrazio sempre Bertolini, e Cabrini che mi ha chiamato in Nazionale. E ovviamente i miei genitori, per avermi spinto e appoggiato ma soprattutto per quel giorno che mi hanno detto “scegli una cosa e falla bene”. E io l’ho fatta».


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