Clamoroso Ibrahimovic: «Il Napoli? Vediamo»

Lo svedese apre uno spiraglio agli azzurri: «Ho firmato per un anno, non si sa mai»
Ibrahimovic: 10 per cento Ancora fermo dopo l’infortunio al ginocchio, Ibrahimovic, 35 anni, è svincolato dal Manchester United (46 partite, 28 gol). Con la Svezia, 62 gol in 116 incontri© PA
Antonio Giordano
3 min

NAPOLI - E se lo dice lui... Verba volant, però pure con la fantasia: con tutto ciò che può scatenare quello sbuffo di cipria sul futuro, quell’idea meravigliosa nella quale, a un certo punto, Zlatan Ibrahimovic e Napoli s’intrecciano, senza che si pensi d’essere dinnanzi ad «amabili» suggestioni. E se lo dice lui, val la pena di credergli, o almeno di starlo a sentire, sapendo che l’uomo - per quello che è, per quello che ha vinto, per ciò che ha dimostrato - non ha bisogno di blandire la folla, né di addolcirla o lusingarla, né di accarezzarla. Si scrive Ibra e ci si lascia andare, sospettando che dietro una notizia possa esserci il più bieco sensazionalismo, quell’«arte» da venditori di fumo che rientra - maledizione - tra i pregiudizi eterni: però adesso che c’è la tv ognuno può trarne le conclusioni che vuole e stavolta (occhio, orecchio!) non si scivola nelle libere interpretazioni, basta ascoltare e rendersene conto. E’ Ibra che parla e lo fa in «Collezione Capello » (venerdì sera, ore 23, Fox Sports HD, canale 204 Sky), chiaramente senza veli, altrimenti non sarebbe lui, quello che nella propria autobiografia ha preso il mondo (mica solo quello del calcio) a colpi di karate o kung fu o qualcosa di simile.

IPOTESI - E’ tutto scritto, pardon è tutto registrato, nei toni, nei modi, nella espressione seria, della quale Ibrahimovic è sempre, totalmente, padrone, e quando Capello lo spinge, dolcemente, a Sud della sua esistenza, Sua Maestà il bomber, quel ciclope che non sa vivere senza vincere, non indietreggia, né si affida alla diplomazia, che certo non sembra rientrare tra i suoi pregi: «Io al Napoli? Non si sa mai...Però sto bene qua». Ibra, quello che nel racconto di se stesso non ha nascosto assolutamente niente del proprio dolore né delle sue simpatie-antipatie (?), non ha bisogno d’essere mieloso, né di ricorrere al tatticismo dialettico e a Capello che tenta di scavare nell’orizzonte evocando il sole e il clima («dunque, i napoletani devono aspettare un po?»), quel Gulliver che ha le sembianze d’un trofeo - scegliete voi, tra quelli che ha conquistati - concede un’apertura: «Vediamo, vediamo cosa succede».

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