Marcelo e il Flaco Pastore: quell'ossessione del ritorno in serie A

L’agente aveva già tentato con l’Inter: ma Suning ha detto no
Alfredo Pedullà
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ROMA - Mi chiamo Marcelo, apritemi le porte del Colosseo. Marcelo di cognome fa Simonian, agente Fifa col culto del depistaggio. Normale, il mercato deve essere una bugia no stop. Il suo uomo, il suo figlioccio calcistico, è Javier Pastore. Gli stanno aprendo le porte del Colosseo, a tinte giallorosse. Al resto ci penserà Di Francesco, fresco di rinnovo. Trequartista o mezzala? Trequartista e mezzala. Se devi scegliere tra papà e mamma, non puoi - non devi - fare un torto. Mamma e papà. Tecnicamente parlando, i piedi di Pastore sono dolci: chi discute ha visto giocare un suo sosia, non il nostro amico. La fantasia è il suo potere. E DiFra ha bisogno di stuzzicare il progetto: datemi Javier, saremo tutti allineati. E “pastorizzati”. Simonian aveva una missione, restituire la serie A al suo pupillo. Lo scorso gennaio si era quasi incatenato a Milano. E aveva fatto l’abbonamento sulla tratta Linate/Malpensa-Parigi, era una missione per trovare la chiave migliore e aprire una serratura blindatissima. C’era Walter Sabatini in pressing, ma c’era Suning fredda. Sabatini avrebbe voluto a ogni costo riportare il suo fantasista preferito in Italia, ma era andato a sbattere sulla linea di piena austerity della sua vecchia proprietà. Pastore nisba, ci spiace. I bene informati aggiungono che quella storia gli era rimasta così in gola da diventare uno dei principali motivi, forse il principale, del suo addio a Suning. Sabatini è il padrino di Javier, lo sentiva tre volte al giorno, più di venti volte a settimana. E lo aveva portato ad esporsi, evento più unico che raro. Al punto che Pastore non aveva certo nascosto la sua voglia di Inter e di Italia.


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