Pagina 2 | Roma, tutto quello che c'è da sapere su Pavon

ROMA - Quattro anni fa, era il 2014, il Boca Juniors pagò Cristian Pavon poco meno di 450.000 euro. Giocava nel Talleres di Cordoba, il club dove era cresciuto, poi fu mandato al Colon, per sei mesi, e infine finalmente gli Xeneizes. Attaccante, gioca sulle fasce, la preferita è quella di sinistra, il calcio ce l’ha nel sangue, gliel’ha dato la regione dove è nato. Pavon è infatti originario della Provincia di Cordoba, nato in un piccolo paesino di nemmeno 3.000 abitanti, Anisacate.


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È un ‘cordobes’ come El Matador Mario Kempes, oppure in tempi più recenti i fratelli Guillermo e Nicolas Burdisso, Pablo e Ignacio Piatti, Martin Demichelis fino a Paulo Dybala e il neogiallorosso Javier Pastore. Lo chiamanoKichan, un soprannome che gli diede Nico, un amico, quando era piccolo: «Era una maniera per dirmi Cristian». Nel Talleres (seconda Divisione) esordì in prima squadra a 17 anni, ma per arrivare fin lì lo aiutò il padre, Walter, che tutti i giorni lo accompagnava a Cordoba, con il suo pickup, una vecchia Ford F100 per poi fermarsi ad assistere a tutti gli allenamenti del figlio, una abitudine che ha mantenuto fino a quando Cristian è diventato un professionista.


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LA PULGA - Da ragazzino i suoi sogni erano due: assomigliare a Messi, lo ripeteva al termine di ogni partita disputata nelle giovanili, e approdare in nazionale. Se per il primo è senza dubbio sulla buona strada, il secondo loha centrato lo scorso novembre, un debutto che poi l’ha portato a giocare ai Mondiali. Ma nel caos che ha coinvolto l’Argentina in Russia c’è finito anche Pavon con una presunta lite con Mascheranno che l’attaccante del Boca ha però smentito categoricamente. «Dal momento che sono arrivato nella Seleccion Mascherano è stato il primo ad aiutarmi - ha spiegato - mi ha fatto sentire molto bene».


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FAMIGLIA UNITA - Pavon, che di solito preferisce parlare in campo piuttosto che nei dopo partita, lo scorso aprile, al termine dell’incontro vinto dal Boca Jrs. col Newell’s, che ha dato il titolo argentino, ha fatto una eccezione. Una dedica al padre Walter, che nel 2016 era stato colpito da un infarto eche per la prima volta era tornato a vedere giocare il figlio. C’è poi la mamma Veronica, si dice faccia il miglior stufato del mondo, tre fratelli Rodrigo, Federico (entrambi calciatori in formazioni minori argentine), Daniel e una sorella, Lourdes. E anche con la popolarità, lo ribadisce chi lo conosce bene, Pavon ha continuato a mantenere lo stesso profilo che aveva quando giocava nel Talleres. «È umile e ascolta - così lo descrive Piero Foglia che l’ha scoperto - lo ha aiutato molto avere una famiglia unita e con grandi valori. Sulla destra lavora per l’attaccante centrale, sulla sinistra la posizione migliore per andare al tiro. Un giocatore completo, molto forte anche nell’uno contro uno».


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È un ‘cordobes’ come El Matador Mario Kempes, oppure in tempi più recenti i fratelli Guillermo e Nicolas Burdisso, Pablo e Ignacio Piatti, Martin Demichelis fino a Paulo Dybala e il neogiallorosso Javier Pastore. Lo chiamanoKichan, un soprannome che gli diede Nico, un amico, quando era piccolo: «Era una maniera per dirmi Cristian». Nel Talleres (seconda Divisione) esordì in prima squadra a 17 anni, ma per arrivare fin lì lo aiutò il padre, Walter, che tutti i giorni lo accompagnava a Cordoba, con il suo pickup, una vecchia Ford F100 per poi fermarsi ad assistere a tutti gli allenamenti del figlio, una abitudine che ha mantenuto fino a quando Cristian è diventato un professionista.


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