Napoli, il risultato sacrificato al gioco

Non si devono attribuire colpe particolari a Guardiola che s’è fatto gli affari suoi in vista del derby di domenica, né si può criticare il Feyenoord, senza obiettivi reali, per essersi fatto un mazzo tanto
Napoli, il risultato sacrificato al gioco© AP
Ivan Zazzaroni
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Dopo appena due minuti il Napoli era già in vantaggio; dopo oltre mezz’ora il City non aveva ancora tirato in porta. Poi a Karkiv è arrivato il gol di Bernard e col raddoppio di Ismaily addio che t’amavo, come si dice dalle mie parti. Del resto l’ultimo turno dei gironi è un porto franco, il territorio in cui si gode dei punti fatti oppure si saldano con gli interessi le tasse accumulate nei turni precedenti. Non si devono attribuire colpe particolari a Guardiola che s’è fatto gli affari suoi in vista del derby di domenica che potrebbe portarlo a +11, né si può criticare il Feyenoord, senza obiettivi reali, per essersi fatto un mazzo tanto. Ieri il titolo del fondo di Gianni Mura, la Repubblica, era “Il gioco sacrificato sull’altare del risultato”, e questa la chiusura sulle partite, solo le ultime - il massimo ottenuto col minimo sforzo - di Juve e Roma: “Esiste una via di mezzo, governare con la tecnica, e la Juve la conosce, ma ad Atene l’ha frequentata poco. Catenaccio (mascherato) e contropiede. Funziona ancora”.

Il nostro, oggi, è di segno opposto: “Il risultato sacrificato al gioco”. Il Napoli è fuori soprattutto perché ha toppato la prima con lo Shakhtar (il “bello” in quell’occasione tardò a manifestarsi): è più forte degli ucraini ma anche più complicato, sofisticato. Il Napoli costituisce l’anomalia del nostro calcio: in campionato 30 volte su 38 fa il bello e il cattivo tempo anche quando non è brillantissimo, nelle restanti 8 (Juve, Inter, Roma, Lazio a/r) e in Europa per risultare vincente deve invece essere perfetto, mai “sporco”. L’uscita dalla Champions rappresenti per Sarri la svolta: il percorso scudetto adesso è libero, di secondo piano gli ostacoli infrasettimanali.


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