Fosse che fosse la svolta buona

Fosse che fosse la svolta buona© Inter via Getty Images
Ivan Zazzaroni
3 min

Amala ancora, l’Inter, pur se è irrimediabilmente pazza, così piena di paturnie e affanni, indiscutibili pieni e improvvisi vuoti; pazza da slegare poiché nel giro di pochi minuti passa dall’irresolutezza all’estasi trasformandosi come ieri sera in qualcosa di erotico, e ripagando la sua gente delle mille sofferenze e delle massicce presenze. Pazza come il calcio è l’Inter che resta in partita fino al gol assai fortunoso di Eriksen e che, una volta sotto, scivola rapidamente nell’abisso delle sue ansie: è l’Inter alla quale serve la meravigliosa stoccata di Icardi, un colpo di arroganza e tecnica smisurate, per fare il refuel di energie e speranze, e che al gol di Vecino libera di ogni pudore gli eccitatissimi Trevisani e Adani i quali prendono a urlarsi addosso stupore e passione, quasi che si tratti della finale del Mondiale.

L’Inter in due parole: con Skriniar a destra nella linea difensiva a quattro e Vecino di nuovo al centro del gioco (4-2-3-1 in fase di possesso) mi è sembrata più strutturata e consistente del solito, non brillantissima, ma sufficientemente equilibrata. Ora non so dire se il successo su un Tottenham affrontato non nel suo periodo migliore possa determinare la svolta tanto desiderata da Spalletti: ho tuttavia la sensazione che la partita abbia fornito indicazioni utilissime al tecnico suggerendogli la strada per il recupero della continuità. Certo che parlare di continuità a una pazza è un esercizio illusorio.

Di folle, a Belgrado, c’è stato invece il risultato finale, soltanto quello: un pareggio infedele poiché non ha rispecchiato l’andamento di una partita giocata in sessanta, settanta metri e col pallone portato da Castel Volturno: il Napoli ha provato in ogni modo (pur con conclusioni sporche e rischiando qualcosa) a demolire il muro alzato da Milojevic. Nella ripresa Ancelotti ha addirittura presentato la versione più hard, togliendo Allan, ammonito, e aggiungendo Mertens a Fabian, Zielinski, Callejòn, Milik e Insigne. Ma non c’è stato nulla da fare: due punti persi, a Belgrado le altre vinceranno. Per completare l’operazione “Finalmente Champions” da noi lanciata lunedì dopo un altro weekend di noia e miserie emotive mancano la Juve e la Roma impegnate stasera in Spagna: ai campioni d’Italia possiamo chiedere i tre punti (il Valencia non se la passa bene), a Di Francesco alle prese con il cubo di Monchi, il miracolo.


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