Bobby Charlton, il campione che visse due volte

Gloria del calcio inglese, 106 presenze in nazionale e 758 con la maglia dei Red Devils, dissero di lui: Non c'è mai stato un giocatore più popolare
Bobby Charlton, il campione che visse due volte
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Fa freddo, a gennaio, a Ashington. Ma il piccolo Bobby gioca a pallone, non ci pensa al freddo che farà. È una partita fra ragazzi delle scuole dell'East Northumberland. Magari non si accorge nemmeno dell'uomo che è venuto a vederla. Però quell'uomo lo aspetta, poco dopo, all'uscita della scuola. E gli chiede di firmare per il Manchester United. Bobby, padre minatore, è cresciuto in una famiglia di calciatori. Quattro zii giocano tra il Bradford, il Chesterfield, il Leicester. Jackie Milburn e il cugino della madre, Jackie Milburn, è ancora il secondo miglior marcatore di sempre del Newcastle. I Magpies ci provano anche ad attrarre il giovane Bobby. Ma Bobby, che di cognome fa Charlton, ha già scelto in quale squadra scriverà la storia.

INIZIA LA LEGGENDA - Nel 1953, quando non ha ancora 16 anni, firma con i Red Devils. È la squadra dei “Busby Babes”, i ragazzini di Matt Busby, l'allenatore che vince il campionato nel 1957 e lo fa esordire da esterno sinistro. Debutta contro il Charlton e segna anche due gol. Due, come i Charlton di questa storia. Sì, perché Bobby ha anche un fratello, Jackie, che per un po' ha lavorato come minatore, ha fatto domanda per entrare in polizia ma ha capito che la sua strada era un'altra. Diventerà una bandiera del Leeds, sarà campione del mondo con Bobby nel 1966 e da allenatore guiderà l'Irlanda al suo primo Mondiale a Italia '90. 
Bobby è naturalmente ambidestro, batte i calci d'angolo da entrambi i lati, e a 19 anni gioca da titolare la finale di FA Cup che i Busby Babes perdono contro l'Aston Villa. Bobby diventerà un leader, è già chiaro, ma in quel gruppo c'è un giocatore del tutto in anticipo sui tempi, l'unico che lo abbia mai fatto sentire inferiore: Duncan Edwards. Il ritratto che ne traccia in un'intervista al magazine inglese Four Four Two nel febbraio 2018 dice tutto. “Molti giocatori sono bravi in certe cose: c'è chi è bravo di testa, chi di sinistra, chi di destro, c'è chi è veloce e chi legge bene il gioco. Lui era migliore di tutti in tutto. Quando sono arrivato, era l'unico in grado di fare cose di cui non ero capace”.

IL DRAMMA - Edwards e Charlton hanno affrontato insieme il servizio militare. Sono insieme nella trasferta di Belgrado di Coppa dei Campioni del 6 febbraio 1958. L'aereo fa scalo a Monaco di Baviera per il rifornimento. Fa freddo, la pioggia ghiacciata diventa neve che appesantisce le ali del bimotore a elica della British Airways. La torre di controllo suggerisce di rimandare di un giorno la partenza, il pilota James Thain forza il decollo ma il volo 609 si schianta subito dopo la partenza. Moriranno in 23. Busby, che ha prenotato il volo per far rientrare prima la squadra sopravvive, come Charlton e Harry Gregg, il portiere irlandese arrivato da poco che si comporta da eroe. Non ce la farà Edwards, che lotterà per due settimane. La morte di “The Tank” è la fine di un sogno, l'inizio di una promessa. Busby e Charlton sono due uomini in missione, vincere la Coppa dei Campioni per quelli che non ci sono più.


I TRE LEONI - Due mesi dopo, Charlton debutta anche in nazionale, come centrocampista di destra a Hampden Park contro la Scozia. È il 16 aprile 1958, l'Inghilterra vince 4-0, segna anche lui ma il ct Winterbottom non lo farà giocare ai Mondiali in Svezia: è convinto che sia ancora segnato dalla tragedia. Non avrà nessun timore quattro anni dopo in Cile. Charlton lo ripagherà con il gol all'Argentina che vale all'Inghilterra la qualificazione ai quarti di finale.
Prosegue anche la lenta ricostruzione del Manchester United, che torna a vincere il titolo nel 1965. L'anno dopo, in Coppa Campioni, i Red Devils vincono 5-1 a Lisbona contro il Benfica. Un quotidiano portoghese, Bola, mette in copertina la foto del nuovo fenomeno del Manchester United, che forma la gloriosa triade del club con Charlton e Denis Law. Il titolo è una fotografia, “El Beetle”. Quel soprannome, il quinto Beetle, se lo porterà dietro a lungo, e i giochi di parole col suo nome saranno praticamente infiniti. Perché quel nome, George Best, è il paradiso dei titolisti.
Il 1966 è l'estate della mascotte Willie, il leone con la bandiera della Gran Bretagna, la prima nella storia dei Mondiali. È l'estate di Pickles, il cane, un bastardino di quattro anni, che ritrovò la Coppa Rimet rubata una settimana prima. È Charlton che innesca il cambio di passo dei Tre Leoni: suo il gol al Messico per il passaggio del girone, sua la doppietta al Portogallo di Eusebio che porta l'Inghilterra in finale contro la Germania Oves. Il ct tedesco Helmut Schön gli piazza Franz Beckenbauer. La scena si ripeterà quattro anni dopo, a Messico '70, i due diventeranno poi grandi amici. Il duello lo vince Charlton, Geoff Hurst fa il resto. I fratelli Charlton sono campioni del mondo.

CAMPIONE D'EUROPA - Due anni dopo, a dieci anni e qualche mese dalla tragedia e dalla promessa di Monaco, Charlton segna due gol nella sera della commozione e della rivelazione. È la sera della miglior partita di George Best in carriera, la sera in cui un sogno smette di essere solo un desiderio chiuso in fondo al cuore. Il Manchester United batte 4-1 il Benfica. È la prima squadra inglese ad alzare la Coppa dei Campioni.
Si ritirerà dopo il Mondiale del 1970, con dopo 106 presenze in nazionale e 758 con la maglia dei Red Devils. Gioca la sua ultima partita il 28 aprile 1973 allo Stamford Bridge contro il Chelsea, che vince 1-0. “Non c'è mai stato un giocatore più popolare di lui” ha detto Busby. “Non avrebbe potuto andare più vicino alla perfezione, come uomo e come calciatore”.


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