Gianfranco Matteoli, il regista dell’Inter dei record

Nato e cresciuto in Sardegna con la speranza di giocare nel Cagliari, viene scartato da giovanissimo. Dopo lo scudetto in nerazzurro nel 1988-89, corona il sogno di giocare in rossoblù
Gianfranco Matteoli, il regista dell’Inter dei record
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Ovodda, la seconda “o” è rigorosamente chiusa. Sì, perché siamo nel bel mezzo della Sardegna, lontano dalle spiagge della Costa Smeralda, dall’acqua azzurra e cristallina. Ovodda è il centro esatto dell’isola: nel cuore della provincia di Nuoro, accarezza i piedi del Massiccio del Gennargentu. È un paesino da mille anime o poco più, anche se nel 1961 gli abitanti censiti sono 2.110: tra questi c’è Gianfranco Matteoli, un ragazzo riccio, bruno puro, come il più tipico dei sardi. Nasce il 21 aprile del 1959 e cresce in due modi: aiuta il padre che lavora in campagna e gioca a calcio tra i vicoli di Ovodda. Ha il passo rapido, è un rifinitore eccezionale: ha due piedi educatissimi, non uno solo. La tecnica sopraffina e la velocità di pensiero lo caratterizzano e gli fanno credere di poter realizzare il suo sogno: giocare nel Cagliari. Anche perché, quando arriva il 1970, Gigi Riva romba come un tuono e spazza via gli squadroni del Nord, regalando a tutta Italia, non solo a Cagliari e alla Sardegna, il primo scudetto del Centro-sud. 

 

DELUSIONI E RISCATTO - Nel 1975 Gianfranco fa un provino per entrare nelle giovanili del club rossoblù, ma va male. Neanche il secondo tentativo è positivo. Il sogno, però, non s’infrange. L'idea di Matteoli è quella di fare gavetta un po’ ovunque perché sa che con il duro lavoro, quell’obiettivo lo può raggiungere. Fa le valigie e si trasferisce a Cantù: gioca tre partite in Serie D, tanto basta per far ricadere su di lui gli occhi di uno dei migliori talent scout di sempre, Fermo (detto “Mino”) Favini. Inizia l’esperienza al Como: Gianfranco gioca con la Primavera fino a che in una partita contro la Juventus viene sostituito misteriosamente durante il primo tempo. La rabbia è tanta, ma il motivo del cambio regala la gioia più grande al ragazzo: è convocato con la prima squadra di Osvaldo Bagnoli. Chiude la stagione e inizia il suo giro per l’Italia. Prima in prestito al Giulianova, poi all’Osimana e alla Reggiana. Torna a Como nel 1982 e dopo due anni tra i cadetti conquista la Serie A. L’esordio tra i grandi del calcio italiano è contro la Vecchia Signora e dopo una stagione ad alto livello, viene considerato uno dei più talentuosi e forti trequartisti dello Stivale. Lo acquista la Sampdoria, ma dopo appena un anno arriva la chiamata dell’Inter: il nuovo allenatore nerazzurro, Giovanni Trapattoni, ha le idee chiare su come utilizzare Matteoli. Non lo usa tra le linee offensive, lo fa arretrare. Lo schiera davanti alla difesa: la visione di gioco di Gianfranco è fondamentale per la costruzione del gioco. 

TRIONFO DA RECORD - Quando arriva la stagione 1988-89 è tutto apparecchiato per la grande annata: Matteoli è seduto in cabina di regia e con i suoi piedi innesca le corse di un mai domo Nicola Berti e rifinisce per Lothar Matthäus. È il centro nevralgico della squadra: non fa perdere mai l’equilibrio all’Inter, che oscilla perfettamente tra difesa e attacco grazie alla sua tecnica e alla sua visione di gioco. Il 27 novembre 1988 segna un gol che rimane nella storia: un bolide al volo di sinistro dopo nemmeno 10 secondi dal fischio d’inizio, è la rete più veloce della Serie A (sarà battuto poi da Marco Branca il 10 gennaio 1993). Un primato tra i primati. Già, perché quello è l’anno dell’Inter dei record: 58 punti in 34 partite (nell’era dei due punti nessuna squadra si sarebbe mai avvicinata a tale traguardo). Dopo lo scudetto, arriva la Supercoppa Italiana. Poi realizza il suo sogno. 

RITORNO A CASA - Arriva, anche se con 15 anni di ritardo, la chiamata del Cagliari. L’allenatore è Claudio Ranieri, in campo ci sono due uruguagi che vedono il calcio in maniera diversa: Daniel Fonseca e, soprattutto, Enzo Francescoli. Matteoli è il padrone della squadra e del centrocampo. Quando arriva Carlo Mazzone in panchina, la fascia di capitano finisce sul braccio di Gianfranco. Nel 1992-93 il Cagliari è la rivelazione del campionato: arriva sesto in Serie A e si qualifica per la Coppa UEFA. In Europa, il cammino dei sardi s’interrompe solo in semifinale contro l’Inter, ma è comunque un tripudio. Nel 1994 saluta di nuovo la Sardegna, chiude la carriera da giocatore al Perugia, ma poi torna a casa a fine millennio come Responsabile Tecnico del settore giovanile del Cagliari. Il suo obiettivo è quello di privilegiare i ragazzi dell’isola, piuttosto che le promesse dei grandi club: ricopre questo ruolo in maniera eccellente. Dopo una parentesi di due mesi (da ottobre a dicembre 2001) come allenatore della prima squadra insieme a Giulio Nuciari, nel 2005 viene promosso a Direttore dell’Area Tecnica. Rimane fino al 2015 e poi torna all’Inter, come osservatore per il settore giovanile. Una vita con il nerazzurro e il rossoblù tatuati addosso: un sogno rincorso e realizzato, tra record e traguardi raggiunti. La ciliegina sulla torta, per rendere tutto ancora più dolce, è l’inserimento nella Hall of Fame del Cagliari.


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