Prandelli: «Platini, Scirea e la ferita aperta del Mondiale»

L'intervista di Walter Veltroni sul Corriere dello Sport-Stadio in edicola: «Mi fa ancora male pensare al Brasile, ma non mi pento delle mie dimissioni»
Prandelli: «Platini, Scirea e la ferita aperta del Mondiale»
Walter Veltroni
2 min

ROMA - Ho conosciuto Cesare Prandelli in Campidoglio quando venne ad allenare la Roma. Mi fece subito un’ impressione che il tempo ha confermato. E’ una persona particolare, con la quale si può parlare di tutto, che ha mille interessi e molti buoni valori. E’ uomo di calcio, ma prima ancora è un essere umano. Quei giorni del 2004 furono molto difficili, per lui e per la sua famiglia. La città lo aveva accolto molto bene. Il Parma, che aveva allenato nei campionati precedenti, praticava un gioco moderno, spettacolare e redditizio. Per due anni arrivò quinto e riportò la squadra in Coppa Uefa, risultati che oggi, vedendola in Interregionale, stringono il cuore. Ma in quei giorni, che dovevano essere di gioia per Prandelli, era il suo cuore ad essere stretto. Sua moglie era malata. Lui decise che Manuela era più importante della sua carriera e si dimise, prima dell’inizio del campionato che avrebbe dovuto consacrarlo allenatore da scudetto. [...]

Mi parla di Platini e Scirea? Lei per il primo ha corso tanto. «Bonini molto più di me… Michel ci cambiò mentalità, portò creatività, leggerezza. Era un professionista serissimo. Quando finiva gli allenamenti e si allenava a battere le punizioni, non voleva nessuno che ridesse e scherzasse intorno a lui. Gaetano valeva mille su mille. E’ l’unico giocatore che io non ho mai sentito parlare male di un altro, trovava sempre qualcosa di buono nelle persone. Era incredibile. Tattica, tecnica, tempi, classe sopraffina, gran difensore, ma faceva otto gol a stagione. A pensare a lui mi vengono le lacrime agli occhi».

Leggi l'articolo completo sull'edizione odierna del Corriere dello Sport-Stadio

 


© RIPRODUZIONE RISERVATA