MANCHESTER (Inghilterra) - C’è un bel museo dedicato a Andy Warhol, qui a Manchester. Avesse già ore libere, magari Gigi Buffon un salto ce lo avrebbe fatto. Anche se a lui la storia che tutti siamo destinati a un quarto d’ora di celebrità poco si addice. Gigi che, amareggiato, dopo la partita rifletteva sull’abitudine alla mediocrità che stava tirando giù la “sua” Nazionale. Per il Capitano piuttosto il tempo va calcolato, almeno, a quarti di secolo. Il più grande spettacolo prima del weekend, indipendentemente dal modesto presente azzurro, resta lui. Lo si è visto, una volta ancora, con l’Argentina; lo si è capito quando è rientrato dopo l’intervallo, tra gli applausi dei tifosi argentini; lui, uscito a metà gara, ancora sullo 0-0 grazie a tre grandi sue parate, abbracciato a Higuain, al quale aveva negato il gol, nello stesso modo magnifico con cui aveva salvato la Juve, contro il City, due anni e mezzo fa, ipnotizzando un paio di volte Sterling (che ritroveremo dopodomani a Wembley) in Champions. Quella Champions chiodo fisso di Gigi.