Legrottaglie all'Akragas: «Il mio calcio di valori e fede»

L'ex difensore di Chievo, Juve, Catania e Nazionale parla della sua nuova avventura in Sicilia: «Alleno per trasmettere a giocatori e alla città i valori che la mia esperienza di fede mi ha fatto riscoprire»
Legrottaglie all'Akragas: «Il mio calcio di valori e fede»
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AGRIGENTO - «Ogni partita è un dono, una benedizione dall'alto da vivere dando il massimo». Nicola Legrottaglie non è solo tattica e pallone. Sulla panchina dell'Akragas, la squadra di Agrigento neopromossa in Lega Pro dove è arrivato in questa stagione, si è portato i valori che gli hanno cambiato la vita otto anni fa, quando è diventato "atleta di Cristo". L'ex difensore di Chievo, Juve, Catania e Nazionale italiana fa parte dell'associazione che si propone di diffondere il messaggio evangelico attraverso lo sport e che ha nella sua "squadra" molti giocatori noti, stranieri e italiani. Il club siciliano ha scelto lui anche per questo, come racconta lo stesso Legrottaglie: «Hanno scelto soprattutto l'uomo, hanno avuto il coraggio di affidare una squadra neopromossa a un allenatore che prima ha avuto esperienza solo con gli Allievi (al Bari, ndr) perché credono in me. Per questo ho accettato questa nuova sfida con entusiasmo».

Cosa cerca di trasmettere alla squadra?

«La tattica è importante, la conosco bene e voglio crescere anche da questo punto di vista. Ma io alleno per trasmettere determinati principi, avrei potuto fare qualsiasi altra cosa, andare in ogni parte del mondo ma ho scelto di fare questo lavoro per veicolare sia a giocatori che alla città i valori che la mia esperienza di fede mi ha fatto riscoprire. Ogni domenica è un'occasione che va sfruttata al meglio, bisogna dare il mille per mille ed essere i primi a voler cambiare le cose».

In questo senso va interpretata l'iniziativa "Coloriamo l'Esseneto" che ha visto calciatori e supporter "imbianchini" per un giorno?

«Sì, è stata una mia idea. Ho visto che c'era del lavoro da fare prima del debutto casalingo e ho pensato perché non farlo noi? Se aspettiamo che siano sempre gli altri a determinare le cose, non funziona. E' stato un messaggio che ho voluto mandare sia a livello di società che di sport: basta dare la colpa agli altri se le cose non vanno, partiamo da noi stessi per rendere accogliente la nostra "casa", il nostro paese».

In cosa consiste essere "atleti di Cristo"?

«Io non ho mai parlato di religione, ma sempre di un relazione personale con Dio. Per molti anni mi hanno parlato di lui ma non avevo voglia di seguirlo, poi otto anni fa sono cambiato, anche se non rinnego niente del mio passato. Non pensate però a uno che prega e basta, le azioni contano molto più delle parole».

A proposito di "azioni", come si conciliano quelle così frequenti quasi violente che caratterizzano un calcio sempre più “maschio” con i suoi valori?

«Il calcio è agonismo ed è normale che ci siano i falli. Ma il rispetto dell'avversario deve sempre prevalere su tutto il resto».

Come vede il campionato di Serie A? Chi è la favorita quest'anno?

«La favorita resta la Juve, insieme ad Inter e a Roma. Le outsider potrebbero essere Napoli e Fiorentina. Sarà un grande campionato».

Dove la vedremo tra qualche anno? Quale squadra sogna di allenare?

«Io vivo anno per anno, spero che verrà apprezzato il mio lavoro e andrò sempre dove posso essere celebrato, non tollerato. Ho un sogno ma lo sappiamo in due, io e il Signore, non lo posso dire. Lo saprete quando si avvererà».


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