Il Taranto è il sogno di Penelope. Zelatore: «Io come la moglie di Ulisse»

Dopo i fallimenti a catena delle precedenti gestioni, la capitale della Magna Grecia rialza la testa. A guidarla, una donna tosta e un marito in totale simbiosi rossoblù
Il Taranto è il sogno di Penelope. Zelatore: «Io come la moglie di Ulisse»
Xavier Jacobelli
3 min

TARANTO - Di nome fa Elisabetta. «Ma io in realtà mi chiamo Penelope». Penelope? «Certo. Ci vuole pazienza, costanza e speranza per fare il presidente qui sa? Sono come la moglie di Ulisse: di notte disfo la tela che tesso di giorno. E il bello è che non mi stanco». Ride sorniona. Elisabetta, 57 anni, di cognome è Zelatore. Il suo Ulisse è Tonio, 65 anni, di cognome Bongiovanni. Contrariamente al re di Itaca, le sta al fianco da 37 anni. Lei è il presidente del Taranto (presidente e non presidenta: non c’è bisogno di scomodare l’Accademia della Crusca come per sindaco/sindaca, ministro/ ministra e bla bla bla); lui è il vicepresidente. Sono simbiotici.

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IL MOSTRO - Questa è la loro storia, una lunga storia d’amore fra loro e di loro per il Taranto, fallito a ripetizione e salvato da una coppia che non ha eguali nel calcio professionistico italiano. Il lungomare è splendido, come la capitale della Magna Grecia ferita a morte dall’Ilva. Elisabetta guarda lontano, indica il polo siderurgico e sbotta: «Questo sarebbe un paradiso se non ci fosse il Mostro». Il Mostro è l’Ilva. Secondo lo “Studio di coorte sugli effetti delle esposizioni ambientali ed occupazionali, sulla morbosità e mortalità della popolazione residente a Taranto”, commissionato dal Centro Salute e Ambiente della Regione Puglia, la fabbrica ha provocato e provoca malattie e morte nei quartieri più vicini all’impianto, il Tamburi e il Paolo VI. Fra il 2008 e il 2014, gli studiosi hanno evidenziato un nesso chiaro tra l’inquinamento e la mortalità per cause respiratorie nei rioni a rischio di Taranto, i più vicini ai centri produttivi. L’aumento delle polveri sottili e dell’anidride solforosa ha determinato l’incremento dei ricoveri dei bambini fino ai 14 anni. Inoltre, si legge nel dossier, “appare rilevante il nesso fra inquinamento ambientale e incremento del numero degli aborti”. All’indagine ha collaborato il dipartimento di Epidemiologia del Servizio sanitario regionale del Lazio, della Asl di Taranto, dell’agenzia regione protezione ambiente Puglia. Sono state censite 321.356 persone residenti a Taranto, Massafra e Statte nel periodo 1 gennaio 1998-31 dicembre 2010. Tutti i soggetti sono stati seguiti sino al 31 dicembre 2014, cioè sino alla data della morte o dell’emigrazione. Ad ogni persona è stato attribuito un indicatore dell’esposizione alla fonte di inquinamento. I risultati sono terrificanti, il sindaco ha minacciato chiudere l’Ilva, il governatore della regione ha impugnato il provvedimento governativo e, intanto, chi abita nei quartieri a rischio deve fare i conti con il +4 per cento di mortalità (+ 5 per cento per tumore polmonare, + 10 per cento per infarto del miocardio).

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