Akragas, ecco Zanini: è il jolly goleador

Cresciuto nel vivaio del Milan, «da bambino sognavo Seedorf». Di Napoli lo ha spostato da terzino a mezz'ala con risultati clamorosi: cinque gol in campionato. Oggi è uno dei giovani più promettenti della Lega Pro
Akragas, ecco Zanini: è il jolly goleador
Valerio Albensi
6 min

Nella sue prime quattro stagioni in Lega Pro, Matteo Zanini non aveva mai segnato. Tanti chilometri percorsi, da terzino, su e giù per la fascia, senza riuscire a provare l’emozione del gol. La svolta è arrivata nel suo primo anno all’Akragas e, come spesso accade nella carriera di un calciatore, è stata decisiva l’intuizione di un allenatore. Raffaele Di Napoli, con il quale Zanini aveva lavorato al Messina, ha capito che il destro di questo ragazzo di 22 anni è un’arma micidiale da avvicinare il più possibile alla porta avversaria e lo ha inventato mezz’ala con risultati clamorosi: nelle prime nove partite stagionali, Zanini è andato a segno cinque volte tra campionato e coppa. Tutti gol bellissimi, come quello del 25 settembre scorso a Catania: nel pieno recupero, il calciatore dell’Akragas prende palla dalla trequarti sinistra del campo, punta la porta e calcia da fuori area piazzando il pallone all’angolo alla sinistra di Pisseri. «Quella forse è la rete più bella ed emozionante, considerando l’importanza della partita e dello stadio», racconta Zanini. Oggi questo ragazzo cresciuto nel vivaio del Milan è per rendimento uno dei migliori giocatori della Lega Pro ed è diventato un jolly prezioso, sia in difesa sia in attacco: Di Napoli lo ha schierato anche come esterno offensivo. Cresce Zanini e cresce anche il numero delle società che lo tengono d’occhio. Daniele Faggiano, ds del Palermo, il 16 ottobre era in tribuna all’Esseneto per assistere alla partita con la Fidelis Andria.

Matteo, che effetto le fa sapere che ci sono società di categorie superiori che la seguono?

«Sicuramente fa piacere, non lo nego e ne sono lusingato. In questo momento però sono all’Akragas e l’obiettivo primario è ottenere la salvezza».

Lei ha giocato a Pavia, a Cosenza, a Messina e oggi è ad Agrigento: nonostante la giovane età è ormai un veterano della Lega Pro. Non aveva mai segnato, ora è un goleador. Come se lo spiega?

«Sicuramente ho più consapevolezza nei miei mezzi e sento la fiducia del mister Di Napoli, che mi ha avanzato di posizione. Ho fatto per quattro anni il terzino, quindi raramente arrivavo in area. Giocando da mezz’ala posso essere più pericoloso. Credo che la strada giusta sia questa, lo dicono anche i numeri. In caso di necessità però posso sempre giocare terzino».

Quando ha iniziato a giocare a calcio?

«Ho iniziato in oratorio a Pavia, nel quartiere Vallone, poi a otto anni sono stato visionato sia dall’Inter sia dal Milan. La società rossonera ha fatto di più per avermi e a nove anni mi ha preso: sono rimasto lì fino ai 17 anni. Al Milan ho fatto dagli Esordienti fino agli Allievi Nazionali, la squadra che vinse lo scudetto (stagione 2010-11, ndr). Giocavo con ragazzi come Kingsley Boateng, Andrea Petagna e Bryan Cristante, e ho avuto vari allenatori importanti come Stroppa, Eranio e Maldera. Nel club rossonero sono cresciuto come calciatore, ma soprattutto caratterialmente perché in una società così importante formano prima di tutto uomini. Lo ricordo come un periodo di grandi sacrifici: c’era il pullman che veniva a prenderci alle 14.30 e ci riportava a casa alle 20. Per una famiglia, per una mamma, non è facile vedere un figlio un’ora al giorno, ma fare il calciatore è sempre stato il mio sogno. A 17 anni, al termine del contratto con il Milan, sono passato al Pavia, dove ho fatto un anno nella Berretti. Nella stagione successiva (2012-13, ndr), grazie al mister Giorgio Roselli, che oggi allena il Cosenza, ho fatto il mio esordio in Lega Pro, nella quarta giornata, a San Marino, e la mia prima vera stagione nei professionisti».

I suoi idoli da bambino?

«Ho sempre fatto il tifo per il Milan. Quando ero nelle giovanili avevo la possibilità di fare il raccattapalle nelle partite in casa: era la squadra di Ancelotti, c’era Clarence Seedorf che era il mio calciatore preferito, il mio idolo. Ho avuto l’occasione di salutarlo, di parlarci qualche minuto. Oggi invece ammiro Mesut Ozil, che tecnicamente è uno dei più forti».

Delle esperienze a Cosenza e Messina che ricordi ha?

«Cosenza è stata la prima volta lontano da casa in un girone difficile come quello del Sud. La città che mi ha accolto bene anche se all’inizio è stato difficile ambientarmi perché arrivavo da mille chilometri di distanza. Però mi hanno aiutato Roselli, il presidente, il direttore Meluso. Con la squadra abbiamo vinto la Coppa Italia di Lega Pro e raggiunto una salvezza molto tranquilla. Mi sono trovato bene. Lo stesso posso dire di Messina, dove ho iniziato a studiare i movimenti da mezz’ala e capire come potevo liberarmi per sfruttare meglio il tiro. Ricordo con molto piacere compagni come Martinelli, Bacolo, Gustavo e Tavares, giocatori di un’altra categoria».

Passioni e attività non legate al calcio?

«Mi piace molto seguire la Nba, il basket statunitense. Il tempo al di fuori del campo lo passo con gli amici, con i compagni di squadra. Mi piace fare passeggiate, uscire a prendere un caffè e trascorrere tempo con loro».

Una persona a cui deve tanto nel mondo del calcio c’è?

«Sì, credo sia il mister Stroppa, ai tempi delle giovanili del Milan».

L’Akragas è una delle squadre più giovani della Lega Pro. I play off sono un obiettivo alla portata? Ci credete? 

«È vero, siamo giovani, ma crediamo nei nostri mezzi. La classifica del girone C è molto corta e vincere una partita può fare la differenza: domenica, contro il Melfi, sarà una sfida molto importante. Il nostro obiettivo primario resta la salvezza e mantenere la categoria, poi si vedrà…».


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