ROMA - La Reggina non è Zemanlandia, per ora è uno “Zemanland" per gli avversari. È dura per l'allenatore quando gioco e risultati non arrivano, lo è ancora di più se il cognome che porta è un marchio che fa venire alla mente gol e spettacolo. Karel Zeman sta provando a smarcarsi dai paragoni con il padre Zdenek, un’impresa titanica, e a trovare il proprio percorso di tecnico. È partito dalla Serie D e sta facendo la gavetta: Bojano, Maglie, Manfredonia, Fano, i maltesi del Qormi, Selargius e Abano le tappe della sua carriera prima di diventare a 39 anni il tecnico della Reggina.
I NUMERI - In estate Zeman ha accettato la proposta di Mimmo Praticò e Gabriele Martino, rispettivamente presidente e direttore generale della Reggina 1914, la società rinata dalle ceneri della Reggina Calcio di Lillo Foti. La sua squadra non decolla e ora la classifica del girone C di Lega Pro fa paura. La Reggina è terz’ultima con 12 punti in 14 gare, appena due vittorie, 14 gol fatti e addirittura 24 incassati. Dopo un buon avvio è andata via la luce e sono arrivate quattro sconfitte consecutive, tra cui il cazzotto casalingo rifilato dal Matera (2-6). Domenica scorsa, allo stadio Granillo, è arrivato un punto strappato in pieno recupero nello scontro salvezza contro il Taranto e i tifosi hanno contestato. La Reggina non è il Foggia di papà Zdenek e Claudio Coralli, attaccante e capitano, non è Giuseppe Signori.
IL CALCIO DI ZEMAN - Karel ha la stessa visione del calcio del padre, due sono i punti non negoziabili: divertire il pubblico attraverso la qualità del gioco e mettere il gruppo al di sopra di qualsiasi individualismo. Anche il modulo è lo stesso, il 4-3-3, la difesa alta pure. L’allenatore della Reggina non è stato calciatore ed è depositario dei segreti di Zdenek perché da quando è nato frequenta ritiri e grandi campioni. «Ho imparato molto da lui, seguendone il lavoro con le squadre che ha allenato, ma alla fine faccio da solo e gli rompo le scatole il meno possibile», ha raccontato in una recente intervista al Corriere dello Sport-Stadio.
PARTICOLARI - Chi lavora con Karel Zeman parla di un professionista meticoloso, quasi ossessionato dalla cura dei particolari. In panchina indossa la tuta e in mano ha sempre un cronometro, che lo aiuta a tenere sotto controllo i minuti di gioco e le fasi della partita. Zeman non ha lo sguardo impenetrabile del padre, ma quando parla lo ricorda perché pesa ogni parola. Da quando ha iniziato ad allenare, Karel si è battuto contro gli avversari, ma anche contro pregiudizi e scetticismi diffusi. A Reggio Calabria ha trovato una società che lo sostiene e che non lo ha messo in discussione neanche dopo le quattro sconfitte di fila, un lusso con i tempi che corrono. Il problema è che la sua Reggina non vince né diverte. E questo, per uno che si chiama Zeman e che ha sposato quell’idea precisa di calcio, non è una questione di poco conto.