Foggia in Serie B, 50 mila satanelli in paradiso

Dopo un’attesa lunga 19 anni, è infinita la gioia di una città impazzita per i suoi Eroi. Nemmeno ai tempi di Zeman e della A si era mai visto un simile delirio collettivo
Foggia in Serie B, 50 mila satanelli in paradiso© LaPresse
Xavier Jacobelli
15 min

FOGGIA - Nicola ha 11 anni. La notte della festa per il Foggia in serie B, anche lui, assieme ai genitori, è in piazza Cavour con gli altri cinquantamila Satanelli che assaltano il paradiso, ebbri di gioia. «Una cosa mai vista in città, nemmeno quando, nel ‘91, siamo andati in A con Zeman. Perché? Perché anche solo per motivi anagrafici, le migliaia di ragazzi e ragazze in deliri domenica sera il Foggia in A o in B non l’avevano mai visto. Si erano dovuti abituare alla D e alla C. Per questo la gente ha folleggiato», annota Lino Zingarelli, caposaldo della comunicazione rossonera. Il bus scoperto della squadra procede a passo d’uomo. Quando arriva a pochi passi da Nicola, il bambino si toglie la t-shirt con la scritta “Noi stiamo con Stroppa” e la lancia verso l’allenatore. Giovanni racconta: «Ho afferrato la maglia al volo. Sono sceso dal pullmann. Ho abbracciato Nicola, in mezzo alla gente che mi baciava e applaudiva. Giuro che mi sono venute le lacrime agli occhi. Una scena che non dimenticherò mai». Lunedì mattina, Nicola è stato invitato da Giovanni negli spogliatoi e subissato di regali: la maglia, la sciarpa, il cappellino. Nicola se lo ricorderà per tutta la vita.

L’ALLENATORE PITTORE. Ecco. Per raccontarvi che cosa stia succedendo in Capitanata, forse bisogna partire da Nicola. E dai baci. «Sì, perché lo staff del Foggia ama salutarsi così. Tant’è vero che ci chiamano la Squadra Baci Baci», sorride Arianna Amodeo, figlia di Ciro, il primo presidente della rinascita in serie D. Arianna cura i rapporti con i mezzi d’informazione, martella i social, fa tam tam su Facebook quando Stroppa le chiede di aprire le porte dello stadio ai tifosi per il primo allenamento post promozione. Nel cuore dello Zaccheria, Arianna posa con la T-shirt di Nicola insieme con Lucio Fares, 49 anni, professionista di grido, presidente del club dal 18 giugno 2015, amico prima ancora che commercialista dei fratelli Fedele e Franco Sannella («Hanno costruito la loro fortuna lavorando sodo nell’eolico e nel fotovoltaico, ma Foggia sarà loro sempre grata perché loro hanno salvato lo storico Pastificio Tamma e 200 posti di lavoro»). I Sannella possiedono il 50% della società: l’altro 50% appartiene al vicepresidente Massimo Curci, 48 anni, commercialista anche lui, con studi molto bene avviati a Foggia, Segrate e Bologna nonché editore di due televisioni locali. Fedele è in prima linea, Franco riserva i suoi sforzi alle società del Gruppo e lo stesso fa Curci con le sue attività. Scherza: «Però, quando c’è bisogno di tirare fuori i soldi io ci sono sempre». Tutti stimano Stroppa sin da quando, l’estate scorsa, esonerarono De Zerbi e riportarono a Foggia il Secchione di Zeman. Giovanni è stato promosso domenica, ma con Andrea Guerra, uno dei suoi più stretti collaboratori, il martedì mattina stava già studiando il Melfi, penultimo aversario. Ti invita a sedere nel suo ufficio-studiobunker, dipinto di rosso e nero. «L’ho tinteggiato io». Ma no. «Massì. Ti piace? Dà un’aria di foggianità, non trovi?».

I GEMELLI DIVERSI. Se è per questo, la foggianità è stata il passaporto per la promozione. Foggiani e tifosi del Foggia sono i Sannella, Massimo Curci e il fratello Nicola, socio e consigliere d’amministrazione; Fares, il cda, l’area comunicazione, la pubblicità e il marketing, l’area organizzazione e logistica, l’area segreteria; il direttore generale Colucci, gemello diverso tanto è legato a lui da un rapporto fraterno, del direttore sportivo Di Bari, ribattezzato il Maestro Shifu, la fonte di saggezza cui si abbeverava Kung Fu Panda. E Di Bari è davvero l’esperto timoniere di tutte le scelte tecniche che non ha mai perso la barra anche nelle tempeste. Osserva Stroppa: «Per prima cosa, Peppe è rimasto qui anche in serie D e, se oggi siamo ritornati dove siamo, bisogna sottolineare i suoi grandi meriti. Lui in questi anni ha scelto come allenatori Padalino, De Zerbi, poi me e io ringrazio Padalino e De Zerbi per il lavoro che hanno fatto prima di me. Di Bari ha voluto Mazzeo anche se, quando il nostro attaccante è arrivato, c’era chi storceva il naso dicendo che non avrebbe mai segnato tanti gol, che non era adatto al gioco del Foggia e bla bla bla. Mazzeo ne ha realizzati 19, primato personale. Forse, tanto scarso non era: e vedrai che cosa combinerà in serie B».

I PALETTI DI CAROTONE. Giovannino è l’immagine della felicità. Ma non ha sassolini nelle scarpe. Non serba rancore. Non gigioneggia. Ha lo stile degli umili. A Fondi, dopo la promozione, ai giocatori ha detto: «Non abbiamo fatto nulla. Adesso dobbiamo battere il Melfi». Eppure, un girone fa, ha passato momenti duri, dopo la sconfitta interna con l’Unicusano Fondi. Sì, proprio la squadra con la quale, il 23 aprile scorso, il Foggia ha pareggiato, vincendo aritmeticamente il girone C di Lega Pro. «Credimi, io non ho mai dubitato che avremmo il campionato». E qui, Zingarelli prende lo smartphone e mostra il video della conferenza-stampa post Fondi, gara d’andata. Ad un certo punto, Stroppa batte i pugni sul tavolo e sbotta: «Ve lo dico adesso, noi andremo in serie B». Perché ne eri tanto convinto, Giovanni? «Perché Foggia io la conosco bene da trent’anni. Foggia l’ho vissuta, ce l’ho sulla pelle; i foggiani li ho vissuti, so quanto hanno sofferto in questi vent’anni e so anche che le critiche nascevano dall’ossessione di tornare in B, acuita dallo spareggio perso con il Pisa dieci mesi fa. Ti ricordi quando ci siamo incontrati in ottobre? Il Corsport titolò la mia intervista: «Ho una croce addosso: la serie B». Titolo azzeccato. Ora la croce non c’è più. Ho imparato a memoria la canzone di Tonino Carotone». Eh? «Sì, Tonino Carotone, lo spagnolo che canta «E’ un mondo difficile». Guarda là...». E Giovanni indica il muro dove ha affisso una strofa della canzone. Recita: «E’ un mondo difficile...E vita intensa felicità a momenti...E futuro incerto». Giovanni ama sparare la musica a palla negli spogliatoi. «Serve per caricare la squadra, per caricarci. Ho messo dei paletti: ho chiesto e ottenuto dai giocatori di non perdere mai la fiducia in noi stessi, anche quando non eravamo primi, in un girone dove Matera, Lecce, Juve Stabia, Casertana, Catania (sino a un certo punto), Casertana, ci hanno reso la vita dura. Così, a gennaio abbiamo dato lo strattone al campionato. I record che abbiamo stabilito l’uno dopo l’altro, affondano le radici nel momento in cui abbiamo capito di essere forti. E adesso vogliamo anche la Supercoppa. Guido un gruppo forte, molto forte, sai? Guarda che la mia non è presunzione: questa squadra può crescere ancora e crescerà. Ad un certo punto della stagione, ho detto ai miei ragazzi: vincere il campionato è prima di tutto una questione di testa. Non potete, non possiamo accontentarci della Lega Pro».

COLUCCI, FARES E INZAGHI. Sullo schermo passano e ripassano le immagini della gande festa in Piazza Cavour. Giovanni inforca gli occhiali e fa: «Visto di che cosa è capace Foggia? Su quel bus scoperto, sembravamo il Real dopo avere vinto l’ultima Coppa dei Campioni». All’altro lato del tavolo, Colucci sorride. In calce al successo rossonero c’è anche

la sua firma, scritta a lettere maiuscole, come l’autografo di Giuseppe Di Bari. «Stroppa è stato l’uomo giusto al momento giusto nel posto giusto. Rafforzeremo la squadra per la serie B, non la snatureremo né la indeboliremo. E nei programmi societari, al primo posto c’è il settore giovanile. Il centro sportivo? Ci alleniamo nella base militare di Amendola dov’è prevista la realizzazione di un nuovo campo per la prima squadra. Una squadra che prima di tutto ha un’anima; l’anima di Agnelli il nostro capitano e di Lojacono, due che c’erano anche in serie D; di Martinelli; di Mazzeo, di Chiricò, di Vacca che ha fatto un salto di qualità pazzesco, di Guarna, di tutti gli altri».

DI BARI, IL FUTURO, LONGHI. Di Bari ascolta Colucci e annuisce. Il contratto di Stroppa scade il 30 giugno: resterà? Il direttore generale sorride: «Adesso pensiamo a vincere le ultime due partite e la Supercoppa. Ci siederemo attorno al tavolo e progetteremo il futuro. Il Foggia ha un nucleo storico che può fare molto bene in B. C’è stato il Foggia di Zeman di cui si parla ancora dopo vent’anni. Ci piacerebbe che fra vent’anni si parlasse del Foggia di Stroppa. Lo sa che l’arbitro di domenica scorsa era Camplone di Pescara, lo stesso che diresse Termoli-Foggia, quando ripartimmo dalla serie D? Buffo, vero?». Sopraggiunge Fares. Squilla il telefonino. Arriva l’sms di Filippo Inzaghi, neopromosso in B con il Venezia: «Caro presidente, complimenti a lei e a tutto il Foggia. Siete stati bravissimi». Fares commenta: «Inzaghi è davvero un signore. Sarà un piacere sfidarlo nella Supercoppa». Fares annuncia: «Il Foggia non è più il club che ha avuto un passato glorioso e basta. Il Foggia ha un presente esaltante». Bussano alla porta. Entra Carlo Longhi, 73 anni, ingegnere, ex arbitro internazionale (186 presenze in A), ex moviolista della Rai, oggi membro della commissione impianti sportivi della Federcalcio. «Ho fatto il sopralluogo allo Zaccheria, un impianto più che mai omologabile per la serie B, a cominciare dalla sua capienza. Ci sono alcuni interventi da effettuare, in relazione alle disposizioni di legge e so già che società e Comune procederanno spediti in tal senso. Sin d’ora, posso dire che non ci saranno problemi di sorta. E complimenti al Foggia per le migliorie che ha già apportato nelle ultime due stagioni. Questa è una società seria e bene organizzata».

MAMMA CURCI E FACEBOOK. Intanto, il ventre dello Zaccheria diventa il viavai della gioia. A uno a uno, i protagonisti dell’impresa si susseguono, come se fossero invitati a una riunione di famiglia, la stessa che, allo Zaccheria, i giocatori hanno convocato senza diramare inviti ufficiali, organizzando una grigliata brasiliana alla quale hanno invitato tutti i dipendenti della società. Naturalmente dopo essersi allenati, «perché dobbiamo vincere anche con il Melfi», martella Stroppa. Arriva Massimo Curci, il comproprietario della società, crede nei Satanelli, non nasconde le simpatie juventine. E’ emozionato. «Sa che cosa mi dà più soddisfazione in questi giorni? La felicità dei foggiani. Provengo da una famiglia umile, mio padre faceva l’operaio, mia madre ha lavorato per trentacinque anni nei campi. A 18 anni avevo pochi sodi in tasca, nemmeno sufficienti per comprarmi una pizza. Ma i genitori mi hanno dato una ricchezza inestimabile: i valori con i quali sono cresciuto. Mia moglie Annarita, i miei figli Rocco, 18 anni e Armando, 13 anni, sono più tifosi di me. Mia madre, Anna Gallo, 71 anni, ha aperto la sua pagina su Facebook e non so come ci sia riuscita, ma posta a raffica video e foto della festa promozione. Roba da non credere. Ho visto mia madre piangere di gioia: non avrei mai immaginato che la promozione del Foggia l’avrebbe resa così felice. Mai».

PIU’ FORTE DELLE FUCILATE. Curci si definisce «un uomo di carattere, a volte un po’ impulsivo, come quella volta che, dopo il ko con il Taranto dissi che i giocatori fossero bambini viziati. Ma usai queste parole per stimolarne l’orgoglio. Franco e Fedele Sannella sono forti e determinati come me; sanno di contare sempre su di me. Una volta avevo il 10 per cento. Poi ho capito che, se non fossi arrivato al 50 per cento, non avrei contato nulla. Il Foggia è tornato a casa sua, in serie B : se ci è riuscito, il merito è di tutti coloro i quali lavorano in questa società. Io non ho paura di niente e le garantisco che, quanto a solidità eocnomica non siamo secondi a molti altri club della serie B». La sera del 14 febbraio scorso, a Carapelle, comune nei pressi di Foggia, sulle rive dell’omonimo fiume, Curci sta rientrando a casa al volante della sua auto quando viene avvicinato da una Lancia Delta, sulla quale viaggiano quattro persone incappucciate. Una delle quattro scende dall’auto e spara una fucilata, fortunatamente andata a vuoto. La magistratura ha aperto un’inchiesta. Curci ha dichiarato ai Carabinieri di non aver mai ricevuto minacce o richieste d’estorsione. Ora confida: «Ho passato davvero un periodo che non auguro a nessuno. I miei figli e mia moglie sono rimasti a lungo traumatizzati da quell’episodio e non è stato facile abituarsi a vivere sotto scorta. Però non ho mai perso la mia forza d’animo e mi hanno rinfrancato le continue dimostrazioni d’affetto dei tifosi foggiani. Sono stati commoventi. Capisce perché domenica notte ho pianto di gioia con loro?».

SANNELLA E PADRE PIO. Irrompe Fedele Sannella. Fisico massiccio, piglio decisionista, profonda venerazione per Padre Pio. La metafora religiosa viene naturale: «Eravamo all’Inferno, siamo saliti in Purgatorio. Prossima tappa: il Paradiso. Lo sa chi mi ha riempito gli occhi, domenica notte in piazza? I bambini. Erano dovunque, insieme con le loro famiglie. E poi i ragazzi, le ragazze: c’erano almeno due generazioni di foggiani che non avevano mai provato ciò che hanno finalmente scoperto durante quell’apoteosi: l’emozione di vincere. In settembre siamo andati in pellegrinaggio da Padre Pio. C’è una foto profetica: ritrae la squadra e i dirigenti sovrastati da un cartello: settore B. Appunto. E poi, come non pensare che lui ci abbia protetto sin dall’inizio della stagione? Raggiungiamo il ritiro di Rivisondoli e dobbiamo lasciarlo causa alluvione. Ci spostiamo a Norcia e il 24 agosto arriva il terremoto. Partiamo per la trasferta ad Agrigento e in Sicilia l’aereo non può atterrare a causa di una bufera di sabbia e vento, tanto che il pilota è costretto a rialzarsi in volo...».

STROPPA, RESTA. Fedele è un fiume in piena. Sorseggia un’acqua tonica. Riprende: «Stroppa è l’uomo che ci voleva. Caratterialmente è l’opposto di De Zerbi, anche lui un ottimo allenatore cui auguro il meglio. Stroppa è cresciuto alla scuola di Zeman, Sacchi, Capello. La sconfitta interna con il Fondi aveva spedito il nostro morale sotto i tacchi, ma Stroppa, pur non avendo colpe, se l’è addossate per proteggere la squadra. E’ stato in quei momenti che abbiamo apprezzato una volta di più il valore dell’uomo. Stroppa ci ha messo la faccia: ha sopportato critiche, anche ingiuste, ha lottato, ha vinto. Se resterà? Io mi auguro proprio di sì: a Foggia stiamo costruendo qualcosa d’importante e Stroppa appartiene al nostro disegno. Il 10 dicembre 2015, quando abbiamo rilevato il 70% della società, avevamo promesso il ritorno in B entro tre anni. Ne abbiamo impiegati due e pazienza se l’anno scorso abbiamo perso al promozione solo agli spareggi con il Pisa. La lezione ci è servita. Nel 2012 il Foggia si era potuto iscrivere solo al campionato di serie D. Oggi è in B e posso assicurarle che questo sia soltanto un punto di partenza. Intanto, dopo la Supercoppa, torneremo da Padre Pio. Gliel’avevamo promesso, in settembre. E gliel’ho detto: noi manteniamo sempre le promesse».


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