Mancini esclusivo «L’Italia un onore»

Intervista al Corriere dello Sport-Stadio oggi in edicola: «Nessuno mi ha chiamato ma sarei orgoglioso»
Alberto Dalla Palma
10 min
ROMA - Dalla Celvia, una delle spiagge più belle della Costa Smeralda, Roberto Mancini ha salutato Cesare Prandelli e gli ha sussurrato anche qualche consiglio per vivere ancora meglio a Istanbul, «una delle città più belle del mondo». Una sorta di ideale passaggio di consegne tra due allenatori che si stimano: uno è libero, ha rinunciato proprio al contratto milionario con il Galatasaray per divergenze su programmi e obiettivi, l’altro ha fallito il Mondiale e accettato le offerte dei turchi per la sua prima esperienza all’estero. «Cesare si troverà benissimo, lavorerà in un grande club e punterà allo scudetto perché potrà sfruttare la preparazione. Io sono arrivato in corsa, non potevo fare di più, penso di aver concluso una splendida rimonta portando a casa anche la Coppa di Turchia. Prandelli può battere il Fenerbahce e conquistare il ventesimo titolo del Galatasaray. Giocatori del calibro di Felipe Melo e Sneijder lo aiuteranno moltissimo. Ha fatto bene ad accettare le offerte dei turchi, vivrà una grande esperienza».

Lei, invece, è uno dei candidati alla successione di Prandelli alla guida della Nazionale.
«Voci, soltanto voci, non ho sentito nessuno. Certo, leggo e ascolto, ma da qui a dire che ci sia qualcosa di vero ce ne corre».

Ma le farà piacere essere tra i candidati.
«Certo, è un motivo di orgoglio, io sono sempre stato un nazionalista, nel senso che sono fiero delle mie origini quando mi trovo all’estero».

Quando vinse la Premier indossò subito la bandiera del nostro Paese.
«Ero felice di aver messo il nostro marchio sul campionato inglese. Raccogliere successi all’estero piace a tutti, penso ad Ancelotti, a Spalletti, a Trapattoni, a Capello, a quelli che sono andati via dalla serie A e poi hanno vinto da altre parti».

Mancini, lei ha sempre detto: un giorno mi piacerebbe guidare una nazionale.
«E lo ribadisco anche adesso. Penso faccia parte degli obiettivi di un allenatore. Oramai non ci sono più confini: avete visto quanti tecnici stranieri allenano le rappresentative? Però ho detto una nazionale, non la nazionale».

Ma in Italia è escluso che arrivi uno straniero sulla panchina di Prandelli.
«Sì, questa è ancora una barriera che non abbiamo abbattuto, ma credo che il motivo sia chiaro. Gli allenatori italiani sono i migliori del mondo, i più preparati, quindi non è necessario andare a pescare all’estero come si fa con un top player da inserire in un club».

Che differenza c’è tra allenare una squadra tutti i giorni e una nazionale una tantum?
«Nessuna, penso. Si tratta solo di cambiare i tempi e i ritmi di lavoro. Quando prepari un campionato devi lavorare sui dettagli per la partita successiva. Con la nazionale devi sfruttare nel modo migliore gli spazi che ti vengono concessi. Ma, alla fine, alleni e alleni e alleni. Nessuna differenza».

Forse il ct deve essere solo un buon selezionatore.
«Non credo. Bisogna essere bravissimi selezionatori, perché vanno scelti i più bravi giocatori del momento, e poi essere anche abili sul campo. Credetemi, il nostro è un lavoro difficilissimo e pieno di tensioni».

Lei non ha mai avuto troppa fortuna in azzurro.
«Un Mondiale, nel ‘90, dopo gli Europei e soltanto da spettatore. Certo, da giocatore non ero felice, ma dovevo rispettare le scelte del ct. Restano comunque grandi esperienze».

Un rapporto chiuso con il no ai mondiali americani.
«Ho sempre detto di aver sbagliato e che se tornassi indietro non rifarei quell’errore. Ho rinunciato a qualcosa di importante, ma è roba vecchia. Siamo in un’altra epoca».

Ora le potrebbe arrivare una telefonata: allenerebbe la nazionale azzurra?
«Nessuno mi ha chiamato, ma l’Italia è l’Italia».

Dicono che i problemi siano economici: lei guadagna troppo.
«Chi parla di questo, parla senza conoscere la realtà. Se nessuno mi ha chiamato, come fanno a giudicare quanto chiederei o quanto accetterei? Sono solo chiacchiere».

I tifosi azzurri, in quasi tutti i sondaggi, hanno indicato Mancini come la soluzione migliore per ripartire.
«E questo è un motivo di orgoglio, vuol dire che ho lavorato bene e che ho anche lasciato qualcosa di buono dal punto di vista del gioco e dell’immagine».

Una volta lei divideva la gente, adesso all’improvviso potrebbe riunirla.
«Sorrido, non so cosa dire, non ho mai accettato compromessi e ho fatto le scelte che credevo più giuste, sempre in buona fede».

Il calcio italiano ha toccato il fondo in Brasile?
«Noi siamo sempre pronti a distruggere tutto dopo una sconfitta. Due anni fa siamo arrivati alla finale di un Europeo meraviglioso. Il Mondiale è andato male, ma questi tornei sono decisi da episodi. L’Olanda è tra le prime quattro e a cinque minuti dalla fine dell’ottavo di finale era fuori. Non bisogna fare drammi».

L’episodio che ha condannato l’Italia e Prandelli è stato quello di Marchisio?
«Un’espulsione affrettata ed esagerata, non ci sono dubbi, ma credo che la sconfitta contro la Costa Rica sia stata più decisiva di quel cartellino rosso. Bastava un pareggio e magari nei turni successivi avremmo battuto tutti».

Ma in Federazione serve un profondo cambiamento per ripartire?
«Beh, si sono dimessi tutti, ora bisogna ricominciare da persone capaci, serie e, soprattutto, competenti. C’è bisogno di gente che conosce il calcio e sa che cosa fare per ricostruire. Quello sarebbe già un buon punto di partenza».

Ma ci sono giovani di talento da cui lei o l’eventuale ct potrebbe ripartire?
«Certo che ci sono, l’Italia esprime sempre giocatori di successo. Ne cito due, di getto: Verratti, titolare nel Psg a 19 anni e grande protagonista ai Mondiali, e Immobile, che andrà a Dortmund. La possibilità di giocare in Bundesliga lo aiuterà a crescere».

Il peggior campionato europeo, la serie A, è la causa della peggior nazionale?
«No, questa è una valutazione sbagliata. Premier e Liga sono tornei unici al mondo ma Inghilterra e Spagna sono uscite ancora peggio dell’Italia. Ripeto: ai mondiali sono decisivi gli episodi».

Lei chiamerebbe ancora i senatori, tipo Buffon e Pirlo?
«Certo che sì, ma scherziamo? Questi sono fuoriclasse assoluti, come potrebbe un ct lasciarli a casa? L’allenatore della nazionale deve chiamare i giocatori italiani e i giocatori più bravi degli altri. Buffon e Pirlo, che lei ha citato, hanno queste caratteristiche. Per raggiungere gli obiettivi, servono i migliori del momento».

Balotelli, croce e delizia. Mancini, ci aiuti a capirlo.
«Mario è un bravo ragazzo, gli voglio un bene dell’anima, ma deve capire che il tempo passa per tutti. Ha già 24 anni, non può perdere altro tempo. Detto questo non può essere il responsabile del crollo azzurro, due anni fa ci ha portati in finale all’Europeo».

E quindi?
«Quindi io dico che è un grande giocatore che può aver sbagliato qualche partita. Capita a tutti. Balotelli deve capire che bisogna sempre allenarsi bene, concentrarsi, fare vita sana. In questo senso il matrimonio può aiutarlo. Ho letto che si sposa: ecco, può essere questa la svolta. Lui è un patrimonio del calcio italiano e va aiutato. Sicuramente è uno da cui si può ripartire, sempre che in campo dimostri il suo valore. In nazionale bisogna andare per meriti, non per altri motivi».

E’ il giorno delle semifinali: che mondiale ha visto?
«Un torneo bellissimo ed emozionante. Ogni partita è stata sul filo fino all’ultimo istante, a parte il crollo della Spagna contro l’Olanda. Anche le nazionali più piccole sono rimaste sul palcoscenico delle grandi, i valori sono livellati: Brasile e Argentina sono le favorite, ma non hanno mai surclassato gli avversari».

Prima dell’inaugurazione lei scrisse sul nostro giornale: sarà il mondiale di Messi.
«E lo ribadisco ancora oggi. Lionel è partito alla grande, poi ha avuto un lieve calo, adesso può diventare il protagonista assoluto. Messi è uno dei giocatori che può decidere le partite: punto ancora su di lui anche se l’Olanda è tosta».

Cosa pensa della scelta di Van Gaal: via un portiere, dentro l’altro per i rigori.
«Una decisione coraggiosa, evidentemente conosceva le caratteristiche dei suoi specialisti di quel ruolo. L’ho detto: nei tornei brevi, come in Champions, ci vuole fortuna negli episodi decisivi».

E il Brasile?
«Gioca in casa, ma non ha più Neymar. Una brutta botta, però a volte scattano delle reazioni vincenti di fronte alle avversità. E occhio alla Germania, che non è più solo una nazionale tosta ma anche una nazionale piena di classe. Avete visto come giocano i tedeschi? Se abbinano la qualità alla forza fisica, possono fare il colpaccio. Saranno due semifinali stupende, in perfetto equilibrio. Che Messi può interrompere perché è il giocatore più forte del mondo».

Prandelli oggi prenderà il suo posto ufficialmente.
«Gli auguro di vincere lo scudetto e di fare bene anche in Turchia. Non era facile ripartire dopo la sconfitta ai mondiali e lui ha avuto il coraggio di rimettersi in gioco subito, in un Paese straniero. Allenerà una grande squadra».

E Mancini potrebbe sbarcare in Nazionale dopo Ferragosto.
«Se mi chiamano, valuteremo la situazione. Al momento non mi pongo il problema, il calcio vive anche di chiacchiere. Mi godo le vacanze».



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