Colombia, vent'anni fa la tragedia di Escobar

I Cafeteros ricordano il terzino assassinato
Furio Zara
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Vent’anni fa. Una delle pagine più nere della storia del calcio. 2 luglio 1994. A Medellin, all’uscita di un locale notturno, veniva ucciso a pistolettate Andres Escobar. Aveva 27 anni, era il terzino della Colombia. I «Cafeteros» erano appena usciti dal Mondiale americano. Il 22 giugno, dieci giorni prima di morire, Escobar era intervenuto in spaccata deviando un cross dell’americano Harkes. Finisce 2-1 per gli Usa. L’autogol diventa l’immagine del fallimento di una nazionale ricca di talenti. La sera dell’omicidio Escobar arriva in compagnia di tre donne in un locale del quartiere Las Palmas di Medellin, dove risiedeva. Dopo la cena, Escobar raggiunge la sua macchina nel parcheggio. Ma viene avvicinato da due uomini. La discussione degenera. Spinte, insulti. Lo sparo. Escobar resta a terra, viene trasportato in ospedale, ma ci arriva cadavere. E’ un omicidio premeditato. Si parla di scommesse. E di narcotraffico. Si parla di un regolamento di conti tra i cartelli di Medellin e Bogotà. Molte le zone oscure. Per l’omicidio viene condannato Humberto Muñoz Castro, ex guardia del corpo. Quarantre anni e cinque mesi. Ma le zone oscure restano. La Colombia non ha dimenticato. I giocatori della nazionale neppure. Domani, per la sfida di Fortaleza con il Brasile, la Federazione ha invitato Maria Ester e Josè, sorella e fratello di Andres Escobar.


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