Mancini scopre Milano, periferia del calcio

Il fatto che il gol decisivo lo abbia segnato Obi la dice lunga sul derby che abbiamo vissuto. Magari anche divertente, aperto fino all’ultimo minuto, ma di livello tecnico davvero modesto, con giocatori che fino a pochi anni fa non avrebbero trovato posto nemmeno nelle rose di Milan e Inter e invece oggi sono titolari inamovibili
Stefano Agresti
3 min
ROMA - Il fatto che il gol decisivo lo abbia segnato Obi - otto presenze nella passata stagione con il Parma e poi subito rispedito all’Inter, una sola rete in A fino a ieri - la dice lunga sul derby che abbiamo vissuto. Magari anche divertente, aperto fino all’ultimo minuto, ma di livello tecnico davvero modesto, con giocatori che fino a pochi anni fa non avrebbero trovato posto nemmeno nelle rose di Milan e Inter e invece oggi sono titolari inamovibili. Non a caso Milano è fuori dalla Champions e molto difficilmente ci tornerà alla fine di questa stagione (anzi, chissà se troverà posto in Europa League); non a caso i punti conquistati finora dalle due squadre milanesi (35) sono cinque in meno rispetto alle genovesi, alle quali peraltro manca la partita di stasera, e addirittura dodici in meno rispetto alle romane. In campo, ieri, tutto questo si è visto: Milano ormai non è più al centro del calcio italiano, sta scivolando sempre più verso la periferia.

C’era grande e legittima attesa per il ritorno di Mancini, che in nerazzurro ha vinto tanto, ma di quella grande Inter - purtroppo per lui e i suoi tifosi - è rimasto niente. Ha stravolto subito la squadra, a cominciare dalla difesa: via il mazzarriano schieramento a tre e ricorso alla preferita disposizione a quattro, del resto ormai la contrapposizione fra tre e quattro difensori è diventata la guerra di religione del nostro calcio, Mancini contro Mazzarri così come Allegri contro Conte. E’ comprensibile che il nuovo tecnico dell’Inter abbia voluto rischiare il meno possibile e abbia obbligato Kovavic e Palacio a fare spesso i terzini, un po’ come Mourinho con Eto’o e Pandev nella mitica stagione della tripletta. L’impatto della mano di Mancini si è visto, come giustamente temeva Inzaghi: squadra più compatta, meno sfilacciata, capace di reagire e non naufragare anche dopo il gol del Milan. Niente di travolgente, del resto nessuno fa miracoli (soprattutto con questo materiale), ma qualche progresso s’è notato.

Anche Inzaghi ha disegnato un Milan più equilibrato rispetto a certe esibizioni passate, grazie alla corsa di El Shaarawy e Bonaventura (l’ex atalantino si conferma acquisto azzeccatissimo). Alla fine sono proprio i rossoneri ad avere qualcosa in più da recriminare, soprattutto per la clamorosa occasione fallita proprio dal Faraone, ma questo derby in tono minore non poteva che finire pari. Con tante emozioni, tra gol e pali, poco spettacolo, troppi errori e rare giocate preziose. Così, oggi, va il calcio a Milano.

© RIPRODUZIONE RISERVATA