La grande notizia è Justin K. 

La grande notizia è Justin K. © LAPRESSE
Giancarlo Dotto
3 min

La grande notizia? I venti minuti di Justin Kluivert. Talento puro e rabbia. Farà straparlare di sé. Entra e sconvolge la Roma, fin lì piatta e macchinosa. Il raid stile Fantomas a tutto campo e il sofisticatissimo colpo con cui a fine partita evoca la magnificenza al volo di Dzeko sono i tre punti ma è anche l’autorizzazione che i tifosi aspettavano a cuore spalancato per riavviare la macchina dei sogni. Pastore la cattiva notizia. Un pianto. Pastore uguale patire. Ondeggia tra calligrafia ed evanescenza. Non gli manca la volontà, gli manca di diventare corpo nello spazio. Per ora è solo corpo nello strazio. L’esatto contrario di Nainggolan. Fisicamente surclassato, perde palloni su palloni. E quando gli arriva l’occasione monumentale a metà ripresa, impossibile sbagliare, lui esita, là dove il selvaggio Radja non avrebbe esitato.

Questo per dire e disdire della nuova Roma vista a Torino (rivedibile Olsen, incollato tra i pali come fosse chiodato e suicida in un quasi autogol, poi qualche discreto intervento, non giudicabile Cristante). L’apparizione di Kluivert ribalta non solo il risultato, ma anche certe funeste, incalzanti fantasie su cosa sia la rivoltata Roma di Monchi e di Eusebio. Un calpestabile guscio di noce o una Potemkin satura di chili e di centimetri? Che sogni nel cassetto, feste ubriacanti o vecchi calzini?

Non bastano i tre punti di Torino per saperlo. Eusebio per primo, alla vigilia, aveva onestamente confessato l’eleganza del dubbio contro la banalità della certezza. Giusto, solo le stelle e i pesci rossi non dubitano. Nel dubbio, Eusebio sceglie la banalità. Quello che sa. Vecchia guardia più Pastore in mezzo e Olsen in porta. Ma non funziona. Primo tempo tra botte di noia e botte di calore. La Roma fa possesso, ma la palla si muove lenta e scolastica. Mancano le smanie. Manca l’invenzione. Il talento che strappa il copione. Manca Justin Kluivert.

Contro un Toro niente di che, più che dai limiti suoi penalizzato da quelli del suo allenatore. L’unico schema, tutti dietro e lancio lungo su Belotti. Quando si accorgono, a inizio secondo tempo, che la Roma non c’è, se ne fregano del suo tremebondo in panchina e si fanno sotto. La Var decifra quei pochi centimetri, nel gol di Iago Falque, che avrebbero precipitato De Rossi e compagni. Ci vuole coraggio. Il coraggio di cambiare.

Il coraggio di credere nel talento. Ci vuole e ci vorrà sempre, più che mai, Justin Kluivert. Lo vogliono i tifosi, lo vuole la squadra, lo vuole, fortissimamente, Dzeko.


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